IL BUON PASTORE-GEORGE WHITEFIELD

“Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano” (Giovanni 10:27-28).

Sermone d’addio ( L’ultimo sermone predicato da Whitefield a Londra, mercoledì 30 agosto 1769 prima della sua ultima partenza per l’America )

È un detto comune e, io credo, giusto, quello che afferma che il malcostume produce buone leggi. Non so se esso si possa o meno applicare ad ogni situazione di questo mondo, ma sono persuaso che sia molto adatto alle realtà spirituali: i modi, le parole, e la condotta malvagia degli uomini sono stati vinti dalla grazia sovrana di Dio, per produrre, ed essere la causa, dei migliori sermoni predicati dal Signore Gesù Cristo.

Si potrebbe immaginare che, essendo egli venuto quale Figlio di Dio, tutti si sarebbero convertiti alla sua predicazione; si potrebbe immaginare che sarebbero stati talmente colpiti dalla presenza dello Spirito di Dio che tutti avrebbero riconosciuto che egli era il Messia che doveva essere suscitato in Israele dopo Mosè. Tuttavia, è raro trovare passi in cui il Signore predicava un sermone e non c’era qualcuno che iniziava a cavillare su quello che diceva; anzi, l’avversione di costoro si manifestava spesso con veemenza. In molte occasioni gli uomini hanno manifestato verso Cristo quell’odio che li avrebbe portati poi a spandere il Suo sangue innocente. In questo capitolo Gesù dichiara di essere il buon pastore che depone la sua vita per le pecore, eppure gli dicono che è un indemoniato fuori di sé; leggiamo che nasce un dissenso tra i Giudei, e molti di loro dicono: “Ha un demonio ed è fuori di sé; perché lo ascoltate?”. Se il Signore fu servito in questa maniera, cosa dovrebbero aspettarsi i suoi servitori? Altri ancora dicono: “Queste non sono parole di un indemoniato. Può un demonio aprire gli occhi ai ciechi?”. Tutto ciò non scoraggia il nostro Signore; egli va avanti nella sua opera; e noi non andremo mai, mai avanti nell’opera di Dio fino a che, come il nostro Maestro, saremo disposti a procedere sia di fronte alle critiche che di fronte agli elogi; e dimostriamo al diavolo che non siamo disposti a lasciarci condizionare né dalle sue minacce, né dalle sue lusinghe.

Leggiamo che Cristo si trovava a Gerusalemme per la festa della dedicazione, e che era inverno; la festa durava, credo, sette o otto giorni e commemorava la ricostruzione del tempio e dell’altare, dopo che Antioco li aveva profanati. Questa festa fu certamente istituita dagli uomini e non da Dio, eppure non leggo che il nostro benedetto Signore e Maestro predicò contro di essa; non perse del tempo contro questa tradizione; il suo cuore era rivolto a cose ben superiori; e io credo che quando noi, come lui, siamo ripieni di Spirito Santo, non intratterremo le persone con dispute riguardanti riti e cerimonie, ma proclameremo il puro evangelo, e allora i riti e le cerimonie perderanno la loro importanza. Il nostro Signore non rifiuta di andare verso la festa; al contrario, egli passa di là, ma non per parteciparvi, quanto piuttosto per avere un’opportunità di gettare la rete dell’evangelo; e anche noi dovremmo seguire questo metodo, invece di disputare. È la gloria del Metodismo che sono passati quarant’anni e, ringrazio Dio, nessuno dei nostri predicatori ha mai scritto un singolo opuscolo che non riguardasse le dottrine essenziali della Scrittura.

Il Signore sfruttava al massimo ogni opportunità; leggiamo che “Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone”. Si potrebbe pensare che gli scribi e i Farisei lo avrebbero chiamato per salutarlo e chiedergli di predicare; ma invece lo lasciarono camminare sotto il portico. Alcuni credono che camminasse da solo. A me sembra di vederlo mentre passeggia osservando il tempio e, pensieroso ed afflitto, prevede la sua imminente distruzione e le calamità che si sarebbero abbattute su Gerusalemme perché non aveva riconosciuto il tempo in cui era stata visitata. Serviva a far vedere alla gente che non aveva paura di loro: passeggia, quasi a volerli invitare a parlargli, e se avessero avuto qualcosa da chiedergli egli era pronto a intervenire; e per mostrare loro, che anche se essi lo odiavano, lui era lì per loro, per predicargli la salvezza di Dio.

Al verso 24 di questo capitolo leggiamo che i Giudei chiesero a Gesù: “Fino a quando ci terrai con l’animo sospeso?”. Essi lo attorniarono mentre passeggiava sotto il portico di Salomone, per attaccarlo. E si adempiva così la profezia del Salmo: “Mi avevano circondato come api” (Salmi 118:12). Ora, la domanda rivolta a Cristo, “Fino a quando ci terrai con l’animo sospeso?”, può sembrare plausibile. In realtà, quegli uomini ritenevano che Gesù agisse come Absalom, il quale cercava con astuzia per accattivarsi il cuore della gente di Israele allo scopo di farsi proclamare Messia. Coloro che hanno la mente carnale hanno sempre interpretato in questo modo le azioni degli uomini pii. Sembra che i Giudei desiderassero che Gesù parlasse loro più apertamente a causa di alcuni dubbi: “Se tu sei il Cristo, diccelo apertamente”. E non dubito che mentre parlavano con Cristo per ingannarlo, la loro espressione appariva estremamente umile e devota. Se non avesse risposto positivamente, lo avrebbero accusato di essere un codardo; se, invece, avesse confessato di essere il Cristo, lo avrebbero accusato davanti al governatore romano di voler usurpare il posto di Cesare. Il diavolo cerca sempre di far credere che il popolo di Dio, il quale è composto dalle persone più oneste che esistono nel mondo, sia rivoltoso e ribelle ai governanti. “Se tu sei il Cristo, diccelo apertamente”.

Il nostro Signore non li lascia in attesa, ma subito risponde dicendo: “Io ve l’ho detto, ma voi non credete; le opere che faccio nel nome del Padre mio, sono quelle che testimoniano di me”. Se avesse detto: “Io sono il Messia”, l’avrebbero accusato; egli sapeva di dover essere “prudente come il serpente e semplice come la colomba” (Matteo 10:16). E aggiunge: “Voi non credete, perché non siete delle mie pecore”. Egli ripete per ben due volte che il loro cuore è incredulo, in quanto la loro incredulità era la cosa che più rattristava il suo cuore. Il nostro testo continua: “Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano”. Le mie pecore ascoltano la mia voce; pensate di mettermi in difficoltà, di contrariarmi, ma vi sbagliate; non credete in me perché non siete delle mie pecore. Solomon Stoddard una volta ha predicato sulle parole di Cristo: “Voi non credete, perché non siete delle mie pecore”. Può sembrare un testo che difficilmente si adatta alla predicazione, per convincere coloro che ascoltano! Eppure Dio benedì a tal punto quella predicazione, che duecento persone su trecento furono risvegliate tramite quel sermone: Dio benedica in questa maniera il lavoro di tutti i suoi fedeli ministri.

“Le mie pecore ascoltano la mia voce, e mi seguono”. È importante notare che ci sono solo due tipi di persone menzionati nella Scrittura: non si parla di Battisti e Indipendenti, né di Metodisti e Presbiteriani; no, Gesù Cristo divide il mondo intero in due sole classi, pecore e capre: il Signore ci aiuti a comprendere a quale di esse apparteniamo.

Osserviamo che i credenti sono sempre paragonati a qualcosa che è buono e utile, mentre per gli inconvertiti accade il contrario. Con l’aiuto di Dio, cercherò di illustrarvi il motivo per cui Cristo chiama i suoi pecore. Le pecore, come sapete, vivono insieme; infatti parliamo sempre di greggi di pecore; sono creature piccole, e il popolo di Cristo può essere chiamato così perché sono piccoli agli occhi del mondo, e ancora di più ai loro stessi occhi. Tra noi non ci sono “molti savi secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili, ma Dio ha scelto le cose stolte del mondo per svergognare le savie; e Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti” (1 Corinzi 1:26-27). Isaac Watts disse: “Qui vedo un re, e lì un grande uomo, ma il loro numero è esiguo”.

Le pecore sono tra gli animali più innocui e mansueti creati da Dio: oh, voglia il Signore, nella sua infinita misericordia, confermarci che siamo sue pecore, infondendo nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo questo santo atteggiamento di mansuetudine. “Imparate da me”, disse il nostro benedetto Signore. A fare cosa? Forse compiere miracoli? No: “Imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore” (Matteo 11:29). Un uomo pio disse una volta che se c’era una particolare condizione d’animo che egli desiderava più di ogni altra, questa era l’umiltà; sopportare con mitezza i maltrattamenti, dimenticare e perdonare: e sebbene colpito, per grazia vincere il male col bene. La Scrittura onora Mosè testimoniando che egli era “un uomo molto mansueto, più di chiunque altro sulla faccia della terra” (Numeri 12:3). L’umiltà è necessaria per gli uomini di potere; le persone passionali sono pericolose.

Tutti sapete che le pecore, tra tutte le creature del mondo, sono quelle che tendono a vagare e a smarrirsi più facilmente; il popolo di Cristo può dunque, giustamente, essere rapportato alle pecore; perciò, nell’introdurre il servizio di questa mattina diciamo: “Noi tutti come pecore eravamo erranti, ognuno di noi seguiva la propria via” (Isaia 53:6). Abbandonate un cane o un cavallo: essi troveranno la strada per tornare a casa. Ma non le pecore. Così anche noi, facilmente ci perdiamo e quando distogliamo lo sguardo dal buon pastore cominciamo a vagare qua e là e, avendo perso il senso dell’orientamento, torniamo all’ovile stanchi e feriti.

Ma, al tempo stesso, le pecore sono molto utili. Esse preparano infatti i terreni per la semina; ci forniscono la loro lana per coprirci, e non c’è nulla della pecora che, in un modo o in un altro, non serva a qualcosa: oh, fratelli miei, che il Signore faccia in modo che anche in questo il nostro carattere assomigli a quello delle pecore e ci renda utili nell’opera sua! Il mondo ci accusa di annullare le buone opere perché predichiamo la salvezza per fede; ma è una calunnia. I credenti sono persone che lavorano con le proprie mani per dare quello che possono a tutti coloro che ne hanno bisogno.

Osserviamo anche che Cristo dice: “Le mie pecore”. Oh, sia benedetto Dio per quella piccola grande parola: “mie”! I credenti appartengono a Cristo! Il Padre ci ha eletti in lui: “Il Padre mio, che me le ha date”. Queste pecore furono date da Dio Padre a Gesù Cristo, nel patto che stabilirono prima della fondazione del mondo. La mia preghiera è che coloro che non comprendono queste verità, ricevano più luce. Sono convinto, infatti, che molti di essi siano dei veri credenti. Però, anche se il loro cuore ha sperimentato la grazia, la loro mente ha bisogno di più chiarezza intorno a queste verità. Che Dio ci aiuti ad amarci l’un l’altro con cuore sincero!

Cristo le chiama “le mie pecore”; gli appartengono perché le ha acquistate. Oh, peccatori, peccatori! Questa mattina siete venuti qui per ascoltare una povera creatura dare il suo saluto d’addio, ma vorrei che dimenticaste colui che predica in questo Tabernacolo, perché vorrei portarvi in un altro luogo. Mi direte: “Ma dove vuoi portarci”? Al Calvario! Al Calvario per contemplare il sangue che Cristo ha sparso per acquistare coloro che il Padre gli ha dato. Cristo ha redento gli eletti col suo sangue, soddisfacendo in questo modo la giustizia divina in base al patto che aveva stabilito col Padre. É stato un compito duro e doloroso, ma Cristo fu disposto ad essere ubbidiente fino alla morte della croce, affinché io e voi potessimo scampare dall’ira a venire.

Le pecore sono di Cristo perché nel giorno in cui Dio le visita con potenza esse sono rese capaci di seguire volontariamente il buon pastore: “Le mie pecore ascoltano la mia voce ed esse mi seguono”. Ponete ben mente a queste cose! Ecco un’allusione a un pastore. Ora, in alcuni passi della Scrittura, è detto che il pastore “segue” le pecore (2 Samuele 7:8; Salmi 78:71), come avviene qui in Inghilterra. Tuttavia, in Oriente, il pastore solitamente precede il gregge e, col bastone in mano, chiama le pecore in un modo particolare ed esse seguono il suo richiamo. Cristo dice che le sue pecore ascoltano la sua voce. Il Padre fece udire la sua voce e disse: “Questi è il mio amato Figlio in cui mi sono compiaciuto: ascoltatelo”. E in un’altra occasione disse: “In verità, in verità vi dico: l’ora viene, anzi è venuta, che i morti udranno la voce del Figlio di Dio e coloro che l’avranno udita vivranno”. Ora, la domanda è: cosa significa udire la voce di Cristo?

Prima di udire la voce di Cristo bisogna udire la voce di Mosè, ovvero la voce della legge di Dio. Non si può giungere al monte Sion se prima non si passa per il monte Sinai! Questa è l’unica via! So che ci sono alcuni che non sono in grado di indicare quando si sono convertiti, ma il modo di operare del Signore non lascia quasi mai in questa incertezza. Coloro che sono stati salvati, prima di vedere la salvezza della croce, hanno udito la condanna della legge. Voglio dire che la chiamata salvifica alla vita è sempre preceduta dal confronto con la legge di Dio. Come quando fa freddo stringiamo di più il nostro cappotto, così la legge fa stringere l’uomo alla sua corruzione (Romani 7:7-9); ma, quando l’Evangelo di Cristo rischiara la sua anima, il peccatore si spoglia della corruzione alla quale era attaccato inseparabilmente e allora Cristo dichiara che i suoi peccati sono rimessi. I credenti ascoltano la voce di Cristo nel senso che essa, abitualmente, è oggetto dei loro pensieri. Quando erano figli del diavolo ascoltavano continuamente la sua voce, la voce della concupiscenza della carne, della concupiscenza degli occhi e dell’orgoglio della vita. Ma quando Dio li ha chiamati, hanno udito la voce del sangue che parlava di riconciliazione col Padre e da allora vivono ascoltando la voce della Parola e dello Spirito.

Quando uno ascolta veramente la voce di Cristo, la prova è che egli segue il Maestro. Gesù disse: “Se qualcuno mi vuole seguire, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. I santi in gloria sono descritti come coloro che hanno seguito l’Agnello ‘dovunque’ (Apocalisse 14:4). Seguire Cristo significa seguirlo ogni istante della nostra vita, in ogni gesto, in ogni parola e in ogni circostanza. Quando il pastore fa un segno col bastone, la pecora segue quell’indicazione. I veri credenti, dopo aver atteso che il buon pastore mostri loro la via col bastone, camminano dietro di lui imitandolo nel modo di pensare, di parlare e di operare.

Ora, fratelli miei, prima di procedere oltre, lasciate che rivolga un appello a coloro che ancora non appartengono al piccolo gregge di Cristo. Spero che il mondo non abbia già catturato i vostri cuori e la vostra attenzione a quest’ora del mattino! Adesso, mentre siete qui, voglio chiedervi se avete la certezza di appartenere a Cristo. Uomo, donna, peccatore, metti la mano sul tuo cuore e rispondimi. Hai mai udito la voce di Cristo così potente da persuaderti a seguirlo rinunciando a te stesso ed affidandoti completamente a lui? Credo nel profondo del mio cuore (ed è per me motivo di conforto, ora che sto per lasciarvi) di parlare questa mattina ad una moltitudine di persone, di preziose anime, che hanno udito la voce del Figlio di Dio e che, se parlassero ora, direbbero: “Ringraziato sia Dio perché possiamo seguire Cristo con mansuetudine come pecore; sebbene ci vergognamo per tutte le volte che ci siamo allontanati da lui, e per il poco frutto che portiamo”. Se questo è il linguaggio dei vostri cuori, prego che abbiate gioia; benvenuta, benvenuta, cara anima, a Cristo! Oh, sia benedetto il Signore per la ricchezza della sua grazia, per il suo amore sovrano e particolare, che egli ha per te e per me. E se egli vi ha fatto udire la sua voce per mezzo di un povero miserabile peccatore, sia al Signore Gesù Cristo tutta la gloria.

Se appartieni a Cristo, egli sta parlando di te quando dice: “Io conosco le mie pecore”. Cristo conosce il numero delle sue pecore, i loro nomi, egli conosce ognuno di coloro per cui è morto! Se tra costoro ne mancasse soltanto uno, il Padre manderebbe di nuovo il Figlio a prenderlo. Il nostro amato Signore disse: “Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato” (Giovanni 18:9). Cristo conosce i suoi personalmente e li cura uno ad uno. Le sue attenzioni sono così particolari, quasi ci fosse solo quella pecorella al mondo. Agli ipocriti egli dirà: “Io non vi ho mai conosciuti”. Ma egli conosce i suoi santi; i nostri travagli, i nostri dolori e le nostre tentazioni non gli sono sconosciuti. Cristo raccoglie tutte le nostre lacrime come in un contenitore e sa quali prove sosteniamo. Egli conosce la corruzione della nostra vecchia natura, scruta da vicino ogni nostro movimento e fa in modo che non ci perdiamo. Ricordo che il dottor Marryat, predicando, disse: “Dio ha un grande cane da pastore che fa tornare le pecore smarrite”. È vero! Quando i credenti si allontanano da Cristo, Dio sguinzaglia il diavolo e lascia che abbai forte. Satana, invece di raggiungere il suo scopo, viene usato da Dio per recuperare le pecore smarrite.

C’è una preziosa parola che vorrei che notaste: il Signore conosce i suoi! Quale conforto in questo pensiero! A volte pensiamo che egli non oda le nostre preghiere e siamo pronti a credere che si sia dimenticato di noi; ma quale grazia sapere che noi siamo suoi e che egli ci conosce! Quando veniamo accusati ingiustamente e siamo giudicati quello che non siamo, quale pensiero può consolarci e fortificarci se non quello che il Signore ci conosce?

Ma, fratelli, c’è qualcosa di più, qualcosa di ancora migliore: “Io do loro la vita eterna e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano”. Oh, che queste parole inondino i vostri cuori di calore e di luce come accadde a me 35 anni fa! Ricordo che ero così restio ad intraprendere il ministero cristiano che non ho pregato per nessun’altra cosa con tanta intensità, non perché volessi fare quel passo, ma perché non volevo farlo! Ho pregato mille volte col sudore che grondava dal mio volto che Dio, nella sua infinita misericordia, impedisse che io entrassi nel ministero prima che lui stesso mi avesse chiamato. Una volta, a Gloucester (ricordo molto bene quel luogo e ogni volta che sono a Gloucester e passo di lì alzo gli occhi, guardo la finestra e penso al giaciglio sul quale mi sono disteso), ho detto: “Signore, non posso predicare. Mi gonfierò d’orgoglio e cadrò nella condanna del diavolo. Signore, è meglio che passi ancora un po’ di tempo”. Ho chiesto a Dio di permettermi di passare ancora due o tre anni ad Oxford perché avevo intenzione di preparare circa 150 sermoni allo scopo di cominciare con una buona riserva di materiale e più serenità. Pregavo e supplicavo Dio e dicevo: “Signore, non sono adatto a predicare la tua Parola, non mandare me, non mandarmi adesso”. Scrissi ai miei amici chiedendo loro di pregare allo stesso modo, ma tutti insistevano che io entrassi nel ministero nonostante non avessi ancora compiuto 22 anni. Tutti i miei tentativi si rivelarono vani e fu allora che queste parole benedirono grandemente il mio cuore: “Le mie pecore ascoltano la mia voce, e nessuno le rapirà dalla mia mano”.

Voglia Dio che queste parole possano produrre nel vostro cuore lo stesso effetto che produssero nel mio! Il nostro amato Signore sapeva che saremmo sempre stati attanagliati dal dubbio e che avremmo temuto di non raggiungere la beatitudine celeste; perciò ha dichiarato: “Io do loro la vita eterna e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano”.

Il nostro testo fa tre dichiarazioni. Cristo afferma di conoscere le sue pecore. Inoltre, dice che non periranno mai. Anche se i credenti spesso pensano che periranno a causa della propria corruzione e della propria concupiscenza, Cristo dice: “Non periranno mai”. Se le ho chiamate fuori dal mondo e le ho unite e me, come posso abbandonarle all’inferno e alla morte? Gesù Cristo ha donato ai suoi la vita eterna. La sua promessa è per noi una certezza, un pegno, una garanzia della gloria eterna e lo Spirito Santo che ci è stato dato è il ‘sigillo’ della nostra eredità. In terzo luogo, Cristo promette ai credenti che nessuno li rapirà dalla sua mano. Egli li protegge con la sua mano, cioè mediante la sua infinita potenza. Chi potrà impedire al buon pastore di curare le sue pecore?

C’è sempre qualcuno o qualcosa che tenta di rapire i credenti dalla mano di Cristo. Il diavolo, la concupiscenza della carne, degli occhi e l’orgoglio della vita cercano di dividere i cristiani dal loro amato Salvatore. Oh fratelli! Non siamo noi stessi che molte volte diamo una mano a questi nemici affinché riescano nel loro intento? Ma nessuno può rapirci dalla mano di Cristo, nemmeno la corruzione e la debolezza del nostro cuore! “Io do loro vita eterna”, dice Cristo, “vado in cielo a preparare loro un luogo, così saranno sempre con me”. Quali promesse! Quale certezza di fede! Nessuno può rapirci dalla mano di Cristo! La nostra vita è sicura nelle sue mani! Non c’è un passo migliore a sostegno della dottrina della perseveranza finale dei credenti. Mi meraviglio che ci siano alcuni cristiani sinceri che si oppongano a questo insegnamento. Quanto a me, affido me stesso, i miei cari e tutte le pecore di Cristo alla protezione del suo eterno amore.

Questa mattina, mentre venivo qui attraversando la città, mi sembrava di essere come un condannato a morte. Quando sono sceso dalla carrozza e vi ho visti affrettarvi al luogo del nostro incontro, mi siete apparsi come coloro che accorrono al luogo dell’esecuzione. Quando mi stavo cambiando l’abito preparandomi per predicare, ho pensato che stavo per dare spettacolo alla folla spargendo il mio sangue per il nome del Signore Gesù Cristo! Invoco Dio quale testimone, gli angeli, i cieli e la terra che non ho evitato di soffrire per il nome del Signore! Avrei potuto accettare le numerose offerte che ho ricevuto come, ad esempio, i due distretti che il vescovo Benson mi ha offerto quando non avevo ancora 22 anni, ma ho rifiutato! Oh Signore, tu lo sai! Tu lo sai che non ho cercato il mio interesse né il mio benessere, ma che dal principio del ministero ho scelto di soffrire per Cristo e che oggi, in questa grande città, questo è ancora il mio sentimento!

Pensavo anche che Giacobbe, quando attraversò il Giordano aveva, almeno, il suo bastone, ma io, quando cominciai i miei studi ad Oxford, non avevo nemmeno quello. Non avevo amici, non avevo servi, non avevo nessuno che potesse aiutarmi ad ambientarmi. Dio solo, lo Spirito Santo si compiacque di prendersi cura di me affinché predicassi il nome di Cristo ai peccatori. E fino ad oggi, sostenuto dalla potenza divina, ho continuato ad annunciare Cristo e i miei sentimenti verso l’opera di Dio e verso il suo popolo sono rimasti gli stessi. Le due congregazioni di cui mi sono preso cura in questa città sono care allo stesso modo al mio cuore. Dio mi ha onorato grandemente concedendomi di potergli dedicare due edifici affinché il suo nome venisse adorato.

Quando mi sono recato in Georgia la prima volta, ho affidato tutti i miei pesi di Londra nelle mani di Dio. Allora, potevo predicare praticamente in tutte le chiese di Londra e c’erano sempre dodici o quattordici tutori dell’ordine che sorvegliavano l’entrata per impedire che troppe persone si riversassero in chiesa. Centinaia di persone mi proposero di stabilirmi a Londra, ma ho sempre rifiutato queste offerte perché volevo annunciare il nome di Cristo in terre straniere e rimanere un pellegrino sulla terra. Spero e prego che ancora oggi questo sia il sentimento che mi spinge a partire ancora una volta.

Ora sono giunto alla parte più difficile del discorso. Questa mattina, quando sono uscito di casa, avevo paura di non essere in grado di sopportare questo momento, ma prego che il Signore mi sostenga e mi aiuti anche mentre ci diciamo addio. Questa è la tredicesima volta che mi accingo ad attraversare l’oceano e a quest’età penso che avrò qualche problema. Sebbene tutta la mia forza non è ormai altro che debolezza. sono pienamente convinto che questa sia la volontà di Dio. La pace che sopravanza ogni intelligenza riempie il mio cuore! Nelle mani del Padre rimetto il mio spirito! Sia questo anche il vostro sentimento e chiedete al Signore che guardi il mio cuore e che nulla possa rapirmi dalla sua mano. Mi aspetto molte tentazioni, soprattutto a bordo. Satana, infatti, attende sempre questo appuntamento, ma colui che mi ha preservato nel passato mi proteggerà anche questa volta e mi libererà dal maligno.

Ringrazio Dio che lascio l’opera di Londra in un buono stato, nella pace e nella quiete. Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera è che nessuno vi rapisca dalla sua mano. Siate voi a testimoniare contro di me se ho cercato di trarre discepoli dietro a me! Dov’è quel ministro della Parola che può dire che mi ha sentito sconsigliare o vietare a qualcuno di recarsi ad ascoltare un qualsiasi vero predicatore dell’Evangelo? Ringrazio Dio che mi ha aiutato a fortificare le mani di tutti, anche se poi qualcuno si è vergognato di me. Vi confesso che sono convinto che il Signore sarà con me e mi fortificherà rispondendo così alle suppliche che gli avete rivolto in mio favore. Se la nave dovesse affondare e io dovessi annegare, mentre le onde mi sommergeranno dirò: “Oh Signore, guarda i miei cari a Londra, guarda i miei cari fratelli in Inghilterra, che nessuno li rapisca dalla tua mano”.

Oh fratelli miei, non dubito che qualcuno di voi sarà chiamato alla casa del Padre prima del mio ritorno. Ma, miei amati fratelli, e voi tutti presenti, che importa? Cristo ci ha donato vita eterna; ci separeremo, ma per incontrarci di nuovo e per l’eternità. Adesso non riuscirei a salutarvi, sarebbe troppo doloroso guardarvi mentre camminate allontanandovi da me. Fra breve, però, non ci sarà più bisogno di dirci addio ed ogni lacrima sarà asciugata dai nostri occhi. Voglia Dio che nessuno di coloro che adesso stanno piangendo per la mia partenza pianga nel giorno in cui compariremo al cospetto di Dio per essere giudicati. Se qualcuno di voi non è ancora parte del gregge del Signore, che il Padre vi attiri ora a Gesù Cristo! Affrettatevi peccatori, affrettatevi! Non rifiutate di ascoltare colui che vi parla dal cielo! Venite, gustate e vedete quanto è buono il Signore. Voglia il grande pastore delle pecore trarvi a sé! Se non avete mai ascoltato la voce di Cristo, prego che possiate udirla adesso! Quale conforto sarebbe per me sapere che il mio ultimo sermone tra voi è stato usato da Dio per risvegliare alcuni peccatori dal sonno della morte! Sia questo per voi un vero sermone d’addio, affinché possiate dire addio al mondo, alla concupiscenza della carne, degli occhi e all’orgoglio della vita! Venite! Venite! Al Signore Gesù Cristo; vi lascio a lui.

E voi, care pecorelle del Signore, che già siete nelle sue mani, oh possa Dio guardarvi dalla confusione e dallo sviamento; vi conduca sempre ai piedi di Cristo; non importa chi è il vostro pastore, fintanto che siete sotto la cura e la guida del sommo pastore e vescovo delle anime vostre.

Che il Signore Iddio vi preservi, faccia risplendere su voi la luce del suo volto e vi dia pace. Amen.

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