GIUSEPPE-C. H. Spurgeon

Un ritratto in miniatura

“Il Signore era con Giuseppe” (Genesi 39:2)


Frequentemente la Bibbia riassume la vita di un uomo con una sola frase.

Ecco la biografia di Giuseppe tracciata dall’ispirazione: “Dio era con lui”: così riassume Stefano nel suo famoso discorso in Atti 7:9.

La Sacra Scrittura eccelle in questo tipo di ritratto conciso.

Così come si dice che Michelangelo abbia dipinto un ritratto con un solo colpo di pennello, allo stesso modo diciamo che lo Spirito di Dio dipinge la vita di un uomo con una sola frase: “Il Signore era con Giuseppe”.

Osserviamo comunque che i ritratti della Scrittura ci dipingono non solo la vita esteriore dell’uomo, ma anche quella interiore.

Gli uomini guardano all’apparenza, ma il Signore guarda al cuore, perciò le descrizioni bibliche degli uomini non sono solo riferite alla vita visibile, ma anche a quella spirituale.

Ecco qui Giuseppe come lo vedeva Dio, il vero Giuseppe.

Esteriormente non sempre appariva che Dio fosse con lui, perché non sempre apparve come un uomo prospero, ma quando si guarda attentamente nell’animo di questo servo di Dio, si vede la sua vera natura: visse in comunione con l’Altissimo e Dio lo benedì.

“Il Signore era con Giuseppe ed egli era un uomo prospero”.

Si pensa che sia saggio omettere certi particolari nello scrivere la biografia di un uomo; questo sarebbe prudente se si intendesse proteggerne la reputazione, ma non sarebbe certo la verità. Lo Spirito di Dio non omette gli errori nemmeno di quei personaggi che più ammiriamo, ma li inserisce in totalmente, proprio come lo Spirito della verità quale Lui è.

In questo contesto lo Spirito non sta guardando a Giuseppe come il Suo figlio prediletto o come un primo ministro egiziano, ma come al vero e più intimo Giuseppe, quindi Egli lo descrive così: “Il Signore era con Giuseppe”.

La sorprendente somiglianza di Giuseppe ci ricorda fortemente il nostro Signore e Maestro, il Giuseppe maggiore che è Signore su tutto il mondo per amore di Israele.

Pietro, nel suo sermone nella casa di Cornelio, disse del nostro Signore che “Egli andava facendo il bene guarendo tutti quelli che erano oppressi dal demonio, perché Dio era con Lui”.

Ed è esattamente ciò che fu detto di Giuseppe.

È sorprendente che le stesse parole debbano descrivere Giuseppe e Gesù, il perfetto Salvatore e l’imperfetto patriarca.

Quando saremo resi perfetti dalla grazia, allora avremo l’immagine di Cristo e la descrizione di Cristo sarà applicata anche per noi. Quelli che vivono con Gesù saranno trasformati dalla sua amicizia fino a che non diventeranno come Lui. Secondo me è bello guardare la somiglianza tra il primogenito e il resto della famiglia, tra il grande esempio dell’uomo, il Secondo Adamo e tutti gli altri uomini che sono vivificati nella Sua vita e resi uno con Lui.

L’avere il Signore con noi è l’eredità di tutti i santi; infatti, qual è la benedizione apostolica nelle Epistole se non il desiderio che Dio uno e trino sia con noi?

Alla Chiesa di Roma Paolo disse: “Ora, il Dio della pace sia con tutti voi”.

Alla Chiesa di Corinto Paolo scrisse: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. Amen”.

Ai Tessalonicesi: “Il Signore sia con tutti voi”.

Non ha detto il nostro glorioso Signore, “Ecco, Io sarò con voi sempre fino alla fine della presente età”?

Come potrei salutarvi meglio questa mattina, se non con le parole di Boaz ai mietitori, “il Signore sia con voi”?

Quale risposta migliore potreste darmi se non “Il Signore ti benedica”?

1. Primo, esaminiamo la vita di Giuseppe e notiamo IL FATTO: “Il Signore era con Giuseppe”.

Dio era misericordioso con Giuseppe come con un figlio.

Suo padre lo amava perché era figlio della sua vecchiaia e per le qualità positive che vedeva in lui.

Prima che avesse compiuto diciassette anni, Dio gli parlò in sogni e visioni notturne per cui leggiamo che “i suoi fratelli lo invidiavano; ma suo padre teneva per sé queste cose”.

Cari giovani, forse Dio non vi parlerà in sogni o visioni, ma ha altri modi per parlare ai suoi giovani Samuele.

Vi ricordate che disse, “Samuele, Samuele”? Il caro figlio rispose, “Parla Signore, perché il Tuo servo ti ascolta”?

Potreste anche voi rispondere allo stesso modo alla chiamata di Dio?

È un privilegio di alcuni di noi l’aver ricevuto le comunicazioni di grazia da Dio, prima che lasciassimo l’adolescenza: Egli ci ha condotto al pentimento, alla fede in Cristo e ha rivelato il Suo amore nei nostri cuori prima che lasciassimo i banchi di scuola e i giochi.

Iniziano bene quelli che iniziano presto con Cristo: Egli sarà con noi fino alla fine, se saremo con Lui fin dall’inizio.

Se Giuseppe non fosse stato un giovane timorato di Dio, non sarebbe mai stato un uomo caritatevole: la grazia lo distinse dai suoi fratelli in gioventù e rimase sopra di lui per tutta la vita.

Se siamo nella grazia fin da bambini, possiamo stare certi che il Signore ci darà la grazia anche se dovessimo vivere fino alla vecchiaia e vedere i figli dei nostri figli.

La pietà da giovani è facile che diventi pietà eminente.

“Il Signore era con Giuseppe” quando Giuseppe era a casa e non lo abbandonò quando fu allontanato dal suo caro padre e dalla sua terra per essere venduto come schiavo.

È amara la sorte degli schiavi in qualsiasi paese ed era ancora peggio a quei tempi.

Ci viene detto da Stefano che i patriarchi, mossi dalla gelosia, vendettero Giuseppe all’Egitto, ma il Signore era con lui; anche quando fu venduto, il Signore era con Giuseppe.

Deve essere stato un viaggio terribile nel deserto, oppresso da quei ragazzi Israeliti che forse viaggiavano in gruppo.

Questo bimbo delicato, figlio di un padre indulgente, vestito con abiti preziosi di tanti colori, dovette indossare la tunica di uno schiavo e marciare sotto il sole cocente, sulla sabbia bollente; ma ci fu un prigioniero più docile sotto un tale trattamento; egli sopportò come se stesse vedendo Colui che è invisibile; il suo cuore era fortificato dalla profonda fiducia nel Dio di suo padre Giacobbe, perché “Geova era con lui”.

Mi pare di vederlo in vendita al mercato degli schiavi.

Sappiamo l’ansia che si legge negli occhi dello schiavo che sta per essere venduto.

Troverà un padrone buono?

Lo comprerà qualcuno che lo tratterà come un uomo o come una bestia?

“Il Signore era con Giuseppe” mentre se ne stava lì per essere venduto e finì in buone mani.

Quando fu condotto nella casa del suo padrone e gli furono assegnati i vari lavori domestici, “Il Signore era con Giuseppe”. La casa dell’egiziano non fu mai così pura, onesta e onorata come allora.

Dietro all’incarico di Giuseppe c’era in segreto il tempio della sua fede e in pubblico l’aspetto agiato e affidabile. Quello schiavo Ebreo aveva un carattere glorioso che tutti percepivano, specialmente il suo padrone, perché leggiamo, “l’Eterno fu con Giuseppe, il quale prosperava e stava in casa del suo signore, l’Egiziano. E il suo signore vide che l’Eterno era con lui, e che l’Eterno gli faceva prosperare nelle mani tutto quello che interpretava. Giuseppe entrò nelle grazie di lui, e attendeva al servizio personale di Potifar, il quale lo fece maggiordomo della sua casa, e gli mise nelle mani tutto quello che possedeva. E da quel momento l’Eterno benedisse la casa dell’Egiziano, per amor di Giuseppe; e la benedizione dell’Eterno riposò su tutto quello ch’egli possedeva, in casa e in campagna”.

L’integrità, la diligenza, l’affabilità conquistarono il suo padrone.

Oh, voi tutti che siete servi cristiani, se imitaste Giuseppe in questo e vi comportaste in modo tale che tutti intorno a voi vedessero che il Signore è con voi!

Poi venne il momento della prova nella sua vita.

Vediamo Giuseppe tentato, motivo per il quale molte persone vengono meno.

Fu attaccato proprio in un punto in cui si è sensibili da giovani.

La sua persona avvenente divenne l’oggetto di attenzioni oscene da parte di una persona dalla cui buona volontà dipendeva il suo benessere e se il Signore non fosse stato con lui, sarebbe caduto.

La stragrande maggioranza dell’umanità non lo avrebbe certo condannato se avesse peccato; avrebbe attribuito la colpa alla tentatrice e avrebbe scusato la fragilità della gioventù.

Per me non è così; Dio non permetta che sia così, perché nelle questioni impure nessuno dei trasgressori è scusato.

Dio però era con Giuseppe e non cadde quando fu messo in un luogo scivoloso. Scampò così quella grande fossa in cui gli uomini che Dio aborrisce precipitano. Fu salvato dalla trappola della donna straniera di cui Salomone disse, “ché molti ne ha fatti cadere feriti a morte, e grande è la moltitudine di quelli che ha uccisi. La sua casa è la via del soggiorno dei defunti, la strada che scende ai penetrali della morte”.

La schiavitù stessa sarebbe stata una disgrazia da poco, a confronto con quello che sarebbe accaduto al giovane Giuseppe, se fosse stato schiavizzato da passioni sconce.

Per grazia, il Signore era con lui e gli permise di vincere la tentazione con una domanda, “Come dunque potrei io fare questo gran male e peccare contro Dio?”

Fuggì.

Quella fuga fu un vero atto di coraggio.

È l’unico modo per aver la vittoria contro il peccato e la carne.

L’Apostolo afferma, “fuggi le passioni giovanili che combattono contro l’anima”.

Cambia di nuovo scenario.

Colui che fu dapprima un figlio privilegiato, poi uno schiavo, poi un uomo tentato è ora un prigioniero.

Le prigioni dell’Egitto erano indubbiamente terribili come tutti quei luoghi dei tempi antichi e Giuseppe si trovò proprio in quella malsana prigione sotterranea.

Certamente sentì tutto il peso di questa prigionia, perché nel Salmo leggiamo, “il ferro gli entrò nell’anima”.

Sentì che era una cosa crudele essere sotto una tale calunnia e soffrire innocentemente.

Un giovane così puro e casto deve aver sentito più male da un’accusa di questo genere che non essere punto da uno scorpione; però, mentre era seduto nell’oscurità della cella il Signore era con lui.

La degradazione della prigione non lo aveva privato del suo compagno divino.

Sia benedetto il nome del Signore: Egli non abbandona il Suo popolo quando è in disgrazia; anzi, Egli è ancora più dolce con lui quando è accusato falsamente che non in altri momenti ed Egli lo rallegra nelle condizioni più aberranti.

Dio era con lui e presto le maniere gentili, la cortesia, la verità, l’operosità di Giuseppe conquistarono la guardia carceriera.

Giuseppe era come un tappo: lo si spinge verso il basso, ma esso ritorna in alto: doveva nuotare, non poteva annegare, il Signore era con lui.

Nel piccolo regno della prigione, Giuseppe regnava perché “il Signore era con lui”.

Sarebbe stato ancor più entusiasta nel momento in cui giungesse l’occasione di profetizzare.

Due persone che erano sotto la sua sorveglianza, una mattina apparvero con il volto cupo e, con la sua solita gentilezza egli chiese: “perché avete quella faccia?”

Egli era sempre gentile e affabile ed essi gli raccontarono i loro sogni.

Egli li interpretò come esattamente avvenne in seguito.

Perché interpretava i sogni?

Perché il Signore era con lui.

Egli disse subito che “l’interpretazione dei sogni appartiene a Dio”.

Non era perché egli conosceva le arti occulte o perché era bravo a indovinare, ma lo Spirito di Dio dimorava in lui e perciò egli capiva i segreti nascosti nei sogni. Questo condusse al passo successivo, perché dopo essere stato provato dai diciassette ai trent’anni, dopo aver servito per tredici anni di apprendistato e sofferenza, fu portato davanti alla presenza di Faraone e Dio fu con lui proprio là. Si vede che veniva sostenuto interiormente perché il giovane ebreo era lì in piedi fiero e parlava di Dio in una corte di idolatri.

Faraone credeva in una moltitudine di dei: adorava il coccodrillo, l’ibis, il toro e tutta una serie di cose come cipolle e porri, così che uno disse degli Egiziani “gente felice, i cui dei crescono nel loro giardino”.

Tuttavia, Giuseppe non si vergognava di parlare del suo Dio come dell’Unico Vero Dio Vivente.

Disse, “ciò che Dio sta per fare, lo mostra a Faraone”.

Con calma e con dignità rivela il sogno e lo spiega a Faraone, ricusando ogni onore per la saggezza. Dice, “Non sono io; Dio darà a Faraone una risposta di pace”.

Dio era davvero con lui.

Giuseppe fu governatore sull’Egitto e il Signore era con lui.

“Bene” disse il re, “Si può trovare un uomo come questo in cui è lo Spirito di Dio?”.

La politica di immagazzinare il grano negli anni di abbondanza ebbe grande successo, perché Dio stava evidentemente lavorando per lui per preservare la razza umana dalla carestia. Tutto il suo sistema, osservato ed eseguito nell’interesse di Faraone il suo signore, fu oltremodo di successo e intelligente. Non era il servo degli egiziani: Faraone lo aveva promesso ad alte cariche ed egli arricchì Faraone e nel contempo salvò una nazione dalla carestia.

Il Signore fu con lui nel condurre suo padre e la sua famiglia in Egitto e nel farli abitare in Goshen, fu con lui fino a che egli stesso morì, quando “fece giurare i figlioli di Israele, dicendo che Dio sicuramente vi visiterà e voi trasporterete le mie ossa da qui”.

Il Signore era con lui e lo mantenne fedele al patto e al popolo del patto fino alla fine di una lunga vita di 110 anni.

Morì fedele fino alla fine al Dio dei suoi padri, perché non volle essere annoverato tra gli Egiziani con tutta la sua cultura e tutta la sua ricchezza; scelse di essere considerato un Israelita e di condividere con la razza eletta qualunque fosse il suo destino. Egli come il resto dei patriarchi, morì fedele, aspettando l’eredità promessa e per amore suo rinunciò alle ricchezze e alla gloria del mondo, perché il Signore era con lui.

2. Ora considereremo LE PROVE DEL FATTO che il Signore era con lui.

Qual è la prova che il Signore era con Giuseppe?

· La prima è: egli era sempre sotto l’influenza della divina presenza e visse nel godimento di essa.

Non c’è bisogno di citare tutti gli esempi perché ovunque il cuore di Giuseppe lascia capire che è conscio del fatto che Dio è con lui.

Prendiamo per esempio l’episodio della tentazione.

Oh, che grazia è stato per lui essere un uomo timorato di Dio! “Come dunque potrei io fare questo gran male contro Potifar?”

No, non avrebbe peccato contro Potifar che era stato un padrone così buono con lui.

Dice, “Come potrei fare questo gran male contro questa donna?” perché sarebbe stato un peccato contro di lei.

No, come disse Davide, “Contro di Te, Te soltanto ho peccato e commesso questo male agli occhi Tuoi”, sottolineando qual è il punto nel peccare contro Dio, così fece Giuseppe mentre fuggiva dalla sua seduttrice dicendosi, “Come dunque potrei io fare questo gran male contro Dio?”

Oh, se ci ricordassimo che Dio ci guarda sempre, non oseremmo più peccare.

La presenza di un superiore spesso impedisce all’uomo di fare ciò che altrimenti farebbe e la presenza di Dio, se fosse realizzata, sarebbe una barriera perpetua contro la tentazione e ci terrebbe retti nella santità.

Quando Giuseppe in seguito parla di Dio, quando Dio lo aiutò non solo a resistere alla tentazione, ma a fare qualsiasi cosa, noterete come egli sempre riconobbe che era Dio a permetterlo.

Non avrebbe interpretato il sogno di Faraone senza prima dire, “Non sono io; Dio ha mostrato a Faraone che cosa deve fare”.

Era conscio della presenza di Dio quando stava in piedi di fronte al monarca, come quando rifiutò la donna peccatrice.

Fu la stessa cosa con la sua famiglia.

Leggiamo nella sua genealogia: “Or avanti che venisse il primo anno della carestia, nacquero a Giuseppe due figliuoli, che Asenath figliuola di Potifar sacerdote di On gli partorì.

E Giuseppe chiamò il primogenito Manasse, perché, disse, “Dio m’ha fatto dimenticare ogni mio affanno e tutta la casa di mio padre. E al secondo pose nome Efraim, perché, disse, “Iddio m’ha reso fecondo nel paese della mia afflizione” Quando il suo anziano padre gli chiese, “chi sono questi?” egli rispose con queste belle parole, “questi sono i miei figli che Dio mi ha dato in questo luogo”.

Temo che noi di solito non usiamo queste belle parole, ma Giuseppe sì.

Senza pretese parlò con sincerità avendo il senso della divina presenza e opera.

Come è stato uguale al nostro divino Signore in questo!

Non posso fare a meno di parlarne; se c’è una cosa che dobbiamo notare riguardo al nostro Signore Gesù è il senso della presenza del Padre.

Lo vediamo quando era un fanciullo: “non sapete voi che Io devo stare nella casa del Padre Mio?”

Lo sentiamo nelle parole, “non sono solo, perché il Padre è con Me”; e ancora, “lo so che Mi ascolti sempre”.

Lo percepiamo nell’ultimo momento della sua vita terrena, quando quell’acuto dolore lo torturava e lo fece urlare: “Dio Mio, Dio Mio perché Mi hai abbandonato?”.

La presenza di Dio era tutto per Cristo come lo era per Giuseppe.

Ora, se mettessimo Dio sempre davanti a noi, se le nostre anime dimorassero in Dio, se dipendessimo da Lui, Dio sarebbe con noi.

Non ci si può sbagliare in questo.

· La successiva prova è questa: Dio era certamente sempre con Giuseppe perché era puro di cuore. “Benedetti i puri di cuore, perché essi vedranno Dio”; gli altri non possono farlo. Dio non si manifesta a quelli che sono impuri di cuore. Che comunione hanno la luce e le tenebre o Cristo con Belial? La purezza intensa di Giuseppe era una prova che il Dio trino era con lui sempre. La Sua presenza spande un’atmosfera di santità nel cuore in cui dimora.

· La successiva prova nel caso di Giuseppe era la diligenza che usava nell’agire ovunque fosse.

Dio era con Giuseppe, perciò all’uomo di Dio a malapena interessava delle circostanze esteriori della sua posizione, ma iniziò subito a fare il bene.

Era nella fossa: sì, ma il Signore era con Giuseppe e la fossa non fu terribile per lui; supplicò i suoi fratelli e sebbene non vollero ascoltarlo, egli fece il suo dovere avvisandoli del loro crimine.

Fu fatto prigioniero dagli Ismaeliti, ma nel carro fu in salvo, perché Dio era con lui.

Quando diventò uno schiavo in casa di Potifar, Dio era con lui e divenne un uomo ricco; il cambio di scena non implicava il cambio della divina compagnia. Non fece conto delle sue capacità e intenzioni, ma lavorò lì dove stava e svolse compiti normali con grande diligenza, perché Dio era con lui. Molti individui avrebbero detto, “sono stato venduto immeritatamente. Non dovrei essere qui e non sono vincolato a seguire nessun lavoro a casa di Potifar: per diritto sono un uomo libero, libero come Potifar e non lavorerò per lui affatto”.

No, Dio era con lui, perciò si applicò a tutto ciò che poteva e lavorò con buona volontà. Dio era con lui anche quando fu messo in prigione. Sapeva che il Signore era con lui in prigione, perciò non sedette ripiegato nel suo dolore, ma si diede da fare per trarre il meglio dalla sua condizione. Non pianse e non si lamentò, non trascorse il tempo a scrivere petizioni o appelli a Potifar. Si dispose a essere utile ai suoi compagni di cella e ai suoi guardiani e presto fu di nuovo in campo perché “il Signore era con lui”.

Quando fu innalzato e Faraone lo nominò re su tutto l’Egitto notate che cosa fece. Non si pavoneggiò e non si insuperbì a corte, non si fermò per godere dei suoi onori in pace, lasciando gli altri al lavoro, ma si dispose immediatamente a lavorare.

Leggete i capitoli 41-45 (Genesi), “e Giuseppe uscì per tutta la terra di Egitto”. Poi leggete il prossimo versetto. “E Giuseppe uscì dal cospetto di Faraone, e percorse tutto il paese d’Egitto”.

Appena ricevette l’incarico, si dispose subito ad eseguirlo, ispezionando personalmente l’intero paese.

Molti individui sono così esausti dal tribolare per trovare una collocazione o un incarico che poi non hanno più le forze per adempierlo. Fanno il meno possibile per i soldi basandosi sulla teoria seconda la quale se si è troppo energici, le fatiche saranno svalutate. Giuseppe comunque non era una persona del genere, perché non appena fu fatto commissario generale dell’Egitto, si dispose a far costruire depositi e a raccogliere grano. Attraverso la sua politica economica, provvide al popolo in tempo di carestia e in questo fu consolidata la potenza di Faraone. Il Signore era con lui, perciò non pensò all’onore a cui fu innalzato, ma alla responsabilità a lui attribuita e si dedicò interamente a questa grande opera.

· Notate ancora, Dio era con Giuseppe e ciò lo rendeva amabile e gradevole.

Alcuni individui abili negli affari sono bruschi, sgarbati, rozzi; ma Giuseppe non era così. La sua tenerezza lo distingueva; era pieno di amabile solidarietà. Quando aveva in custodia i prigionieri, non li trattava duramente, ma con compassione. Guardava il loro aspetto, si informava dei loro problemi ed era ben disposto a fare per loro tutto ciò che era in suo potere per aiutarli.

Questo era uno dei suoi successi nella vita; era amico di tutti.

Colui che è disposto a essere il servo di tutti, sarà il capo di tutti.

Forse farete obiezioni a questo riguardo pensando a quando, per un momento, sembrava affliggere e esasperare i sui fratelli.

Assolutamente no.

Egli voleva il loro bene.

L’amore per loro era saggio e prudente.

Dio che è ancor più amorevole di Giuseppe, spesso ci affligge per portarci al pentimento e per guarirci da molti mali.

Giuseppe desiderava mettere i suoi fratelli nel giusto stato d’animo e ci riuscì, seppure il metodo fu più doloroso per lui che per loro.

Alla fine non potè trattenersi e scoppiò in lacrime davanti a tutti loro, poiché batteva un cuore ripieno d’amore dietro l’abito dell’Egiziano Giuseppe.

Li amava con tutto se stesso e così fanno coloro che hanno Dio con loro, perché “Dio è amore”.

Se non amate, Dio non è con voi.

Se state al mondo con un atteggiamento egoista e imbronciato, amareggiato, intollerante allora il diavolo è con voi, non Dio; perché là dove c’è Dio, Egli spande il Suo Spirito, ci fa amare tutto il genere umano con benevolenza e ci fa compiacere nella comunione con la fratellanza eletta di Israele in modo da provare piacere nel fare il bene a quelli che sono della stessa nostra fede.

· Un altro indizio della presenza di Dio con Giuseppe è la sua grande saggezza. Faceva tutto come doveva essere fatto.

Non si può cambiare quasi niente nella vita di Giuseppe per migliorarla e se dovessi dire in che cosa più amo il suo senno è nel suo meraviglioso silenzio.

È facile parlare, meno facile parlare bene, ma tacere è difficile.

Non disse mai una parola, sulla moglie di Potifar.

Ci sembrerebbe che fosse necessario che parlasse per difendersi, ma lui non volle accusare la donna; lasciò che il giudizio fosse errato e la lasciò alla sua coscienza e alla fredda considerazione del marito.

Questo mostrò una grande forza; è duro per un uomo stringere le labbra, non dire niente quando si è condannati.

Giuseppe fu così eloquente nel suo silenzio che non troviamo una parola di biasimo in tutta la sua vita.

Non si può dire la stessa cosa per tutti i santi della Bibbia, perché molti di loro si lamentarono amaramente e infatti abbiamo come prova tutto il libro delle Lamentazioni.

Non condanniamo quelli che si lamentarono, ma ammiriamo sommamente quelli che come pecore al macello non aprirono bocca.

Entrò il ferro nell’anima sua, ma non lo disse; per saperlo dobbiamo guardare ai Salmi; sopportò con grande rassegnazione tutta la volontà del padre.

Quando si trovò davanti ai suoi fratelli, quegli uomini crudeli che lo vendettero, non li rimproverò, ma li confortò dicendo, “Ma ora non vi contristate, né vi dolga d’avermi venduto perché io fossi menato qua; perché Dio m’ha mandato davanti a voi per conservarvi in vita”. Li giustificò dicendo, “Ma Dio mi ha mandato davanti a voi, perché sia conservato di voi un resto sulla terra, e per salvarvi la vita con una grande liberazione… non siete dunque voi che mi avete mandato qua, ma è Dio”.

Che atteggiamento diverso da quelle persone che si affannano a trovare difetti ed errori e quando li hanno scovati gridano, “Avete visto? L’avevo detto io! Questi uomini non sono poi tanto buoni come dovrebbero”.

Certo, è vero che ci sono macchie nel sole, ma ci sono più macchie nei tuoi occhi, altrimenti vedresti più luce.

Quelli che sono pronti a vedere le colpe negli altri, è perchè ne sono pieni loro.

Ci renda ciechi il Signore alle colpe del Suo popolo prima che ci dia un occhio di lince per vedere le loro macchie e un’immaginazione fervida per attribuirle tutte agli altri.

Vorrei tanto che stessimo saggiamente zitti come Giuseppe.

Ci pentiamo spesso di quello che abbiamo detto, ma raramente di essere stati zitti.

Ci si può lamentare e essere giustificati di essersi lamentati, ma si avrà più gloria se non ci si è lamentati.

“Dio era con lui” e questa è l’ultima prova che ne do: egli si mantenne fedele al patto, fedele a Israele e al Dio di Israele.

Faraone gli diede in moglie la figlia di uno dei sacerdoti i quali costituivano la classe più alta in Egitto; Giuseppe quindi si imparentò all’aristocrazia più potente e divenne il capo della nobiltà. Davanti a lui si gridava: “piegate le ginocchia” e tutti lo onoravano in tutta la terra di Egitto.

Ma non volle diventare un Egiziano: era un Israelita e il suo buon padre, quando scese in Egitto lo trovò ancora uno della famiglia di detto e di fatto.

La benedizione del padre fu preziosa per lui e per i suoi figli.

Noto che in questo modo, molti che professano la fede cristiana e che prosperano, non hanno Dio con loro, perché sono diventati Egiziani: non si occupano dell’adorazione del popolo di Dio, ma sospirano per qualcosa di più in vista e più rispettabile.

Vogliono stare nell’altra società, quindi cercano le chiese alla moda e assorbono i loro principi.

Prendono la scusa dei figli; chi si aspetterebbe che dei giovani e delle giovani per bene vadano in una chiesa frequentata da gente di bassa estrazione sociale?

Per amore dei figli occorre mischiarsi con la società, perciò abbandonano i loro principi, il loro popolo e il loro Dio. Ecco che se ne vanno in Egitto in gran quantità; ne ho visti e ne vedrò ancora.

Se alcuni di voi diventeranno ricchi, penso che se ne andranno; sembrano che gli uomini si comportino così.

Non appena un pastore prospera nel mondo, si vergogna della verità che amò una volta.

In realtà, anziché vergognarsi loro di noi, siamo noi che dobbiamo vergognarci di loro perché è per loro disgrazia che non si accontentano di avere comunione con gli eletti di Dio, perché sono poveri o ignoranti.

Giuseppe si tenne stretto al suo popolo e al suo Dio; anche se dovette vivere in Egitto, non volle essere un Egiziano, non volle nemmeno che le sue spoglie restassero in una piramide egiziana.

Gli Egiziani costruirono una tomba costosa per Giuseppe: c’è ancora oggi, ma il suo corpo non è là.

“Vi incarico”, disse “di portare le mie reliquie con voi, perché io non appartengo all’Egitto; il mio posto è nella terra promessa”.

“Diede ordini riguardo alle sue spoglie”.

Gli altri facciano quello che vogliono, il mio posto è con quelli che seguono il Signore in tutto.

3. In terzo luogo, osserviamo LE CONSEGUENZE DELLA PRESENZA DI DIO CON GIUSEPPE.

Il risultato fu che “egli prosperava”; notiamo però, che sebbene Dio fosse con Giuseppe, egli non fu al riparo dall’odio.

Il Signore era con lui, ma i suoi fratelli lo odiavano.

Certo, se Dio ama un uomo, il mondo lo disprezza.

Sappiamo di essere figli di Dio, perché i nemici di Dio sono i nostri nemici. Inoltre, “il Signore era con Giuseppe”, ma questo non era sufficiente per proteggerlo dalle tentazioni più pericolose; non impedì che la sua malvagia padrona gli mettesse gli occhi addosso.

Gli uomini migliori possono essere tentati dai peggiori crimini.

La presenza di Dio non lo protesse dalla calunnia: quella donna meschina lo accusò di oltraggiosa malvagità e Dio permise che Potifar lo credesse.

Tu ed io avremmo detto, “se il Signore è con noi, come può accaderci tutto questo male?”.

Ah, ma il Signore era con lui, eppure fu calunniato. Anzi, la divina presenza non lo protesse dal dolore: se ne stette seduto in prigione, in catene fino a che il ferro non gli penetrò l’anima eppure “Il Signore era con lui”.

Quella presenza non lo salvò dalla delusione.

Disse al coppiere, “ricordati di me, quando starai bene”, ma costui se ne dimenticò.

Tutto sembra andare contro a te, eppure Dio è con te.

Il Signore non ti ha permesso ciò che sembra la prosperità, ma avrai ciò che è la vera prosperità nel migliore dei significati.

Ora, che cosa fece la presenza di Dio per Giuseppe?

· Primo, lo salvò dal peccato volgare.

Egli fuggì, si tappò le orecchie; fuggì e vinse, perché Dio era con lui.

Oh giovane amico, se Dio è con te nell’ora della tentazione, non hai bisogno di niente di meglio, nessun’altra conseguenza che restare perfettamente puro con gli abiti non contaminati dalla carne.

Dio era con lui e la conseguenza fu di metterlo in condizione di agire splendidamente.

Ovunque si trovasse, faceva la cosa giusta e la faceva splendidamente.

Quando era schiavo il padrone scoprì di non aver mai avuto uno schiavo così; quando era in prigione, quelle celle mai furono incantate da una presenza di un angelo custode così; quando fu esaltato da Faraone.

Faraone mai ebbe un tale tesoriere di stato in Egitto, mai furono le finanze egiziane così prospere.

· In questo modo Dio aiutò Giuseppe, ovvero fu messo in condizione di avere una sorte gloriosa.

La razza umana sarebbe morta di fame, se la vista lungimirante di Giuseppe non avesse suggerito di immagazzinare i prodotti di sette anni di abbondanza, perché la carestia era in tutta la terra.

Non era una posizione bassa che occupò il giovane Ebreo essere il manager del commissariato di tutto il mondo allora conosciuto.

Se Dio è con noi, anche noi avremo una sorte gloriosa.

Potrebbe anche non essere così in vista agli occhi degli uomini, ma la vita è sempre nobilitata dalla presenza di Dio.

· Inoltre gli diede anche una vita molto felice, perché la vita di Giuseppe, presa in totalmente: è invidiabile.

Nessuno lo metterebbe insieme ai miserabili.

Se dovessimo fare una scelta degli uomini infelici, certamente non penseremmo a Giuseppe. No, fu una vita grandiosa e felice; e così sarà la vostra se Dio è con voi.

· Per finire, Dio diede doppia porzione in Israele, cosa che non accadde mai a nessun altro dei dodici figli di Giacobbe.

Giacobbe disse: “e ora i tuoi figli Efraim e Manasse che ti nacquero nella terra di Egitto prima che io venissi da te sono miei; come Ruben e Simeone sono miei”, facendoli entrare ognuno in una tribù.

Efraim e Manasse stavano a capo di una tribù come se fossero stati proprio i figli di Giacobbe.

Levi è tolto dai dodici e vengono date delle provviste ai Leviti perché sono i servi di Dio, ma vengono inseriti Efraim e Manasse così che la casa di Giuseppe figura due volte tra i dodici.

Quelli che iniziano presto con Dio e resistono fino alla fine e stanno attaccati al Signore sia nel bene che nel male, vedranno i loro figli andare al Signore e nei loro figli avranno il doppio, sì, il Signore darà loro il doppio per tutto quello che potrebbero perdere in onore per amore del Suo Nome.

Chi è disposto a soffrire con loro affinché possa regnare con loro?

Chi è disposto a rinunciare alle ricchezze d’Egitto affinché possa avere una doppia porzione nella terra promessa, la terra dove scorre il latte e il miele?

Mi pare di sentire alcuni di voi dire, “eccomi Signore. Sarò lieto di condividere la sorte con il popolo di Dio, sia quel che sia”.

Portare la croce di Cristo è indossare la corona di Cristo.

C. H. Spurgeon

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