Cristologia: l’umiltà di Gesù Cristo

Cristologia: l’umiltà di Gesù Cristo

 

Significato di umiltà

Zaccaria 9:9 – « Esulta grandemente, o figliuola di Sion, manda gridi d’allegrezza, o figliuola di Gerusalemme; ecco, il tuo re viene a te; egli è giusto e vittorioso, umile e montato sopra un asino, sopra un puledro d’asina».

Per umiltà intendiamo quell’atteggiamento di mente e di cuore è opposto all’orgoglio, allo spirito che si fa giustizia da sé e alla fiducia in se stessi. L’umiltà si manifesta nella sottomissione e nella dipendenza da Dio. La parola greca « tapeinos » tradotta « umile »ha una storia. Nei classici è usata comunemente in un senso cattivo e degradante, per indicare bassezza di condizioni, mediocrità di rango, servile abbiezione e ignobilità di carattere. Tuttavia, anche nel greco classico, questo non è il suo unico uso. Essa è a volte usata in modo da lasciare intravvedere il suo significato più elevato.

Platone, per esempio, dice: « E’ felice colui che si attacca forte­mente a quella legge (di Dio), e la segue con tutta umiltà e ordine, ma colui che è insuperbito dall’orgoglio, dal denaro, dall’onore, dalla bellezza, colui che è gonfio di insolenza e di esuberante gio­vinezza, e pensa di non avere bisogno né di guide né di regole, es­sendo in grado da se stesso di essere guida agli altri, questi, dico, è lasciato solo da Dio ». E Aristotele dice: « Colui che è meritevole di piccole cose, e si giudica tale, è saggio ». Nel migliore dei casi, però, la concezione classica è quella della modestia, dell’assenza di presunzione. E’ un elemento di pazienza, che però non è contrario alla giustizia propria. Tale parola indicante una virtù cristiana, non fu usata prima dell’era cristiana ed è chiaramente un frutto del Vangelo.

Per possedere umiltà si devono avere uno spirito ed un conte­gno che siano senza pretese o superbia, caratterizzati dalla modestia e dalla sottomissione.

Il fatto dell’ umiltà di Cristo

Matteo 11:29 – « Prendete su voi il mio giogo ed imparate da me, perch’io son mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre ».

Io credo – dice il Ruskin in « Modem Painter» – che la prima prova che un uomo sia veramente grande sia la sua umiltà. Non intendo per umiltà che egli debba dubitare delle sue capacità, o esiti ad esprimere le sue opinioni, ma che egli abbia una giusta com­prensione della relazione tra ciò che egli può fare e dire, e ciò che il mondo può fare e dire. Tutti i grandi non soltanto sanno il loro mestiere, ma in genere sanno anche di saperlo; non solo hanno ra­gione in ciò che pensano, ma di solito sanno anche di averla: sol­tanto non se ne vantano. Arnolf o sapeva di poter costruire una bella cupola a Firenze; Albert Dùrer scrisse tranquillamente ad uno che aveva trovato degli sbagli nella sua opera: « Essa non potrebbe essere fatta meglio ». Sir Isaac Newton sapeva di aver risolto uno dei problemi che avrebbero lasciato perplesso chiunque altro. Sol­tanto, essi non chiedono che i loro simili si buttino ai loro piedi per adorarli. Quasi senza rendersene conto, essi hanno un curioso senso di incapacità, sentendo che la potenza non è in loro, ma che si esercita per mezzo di loro, ed avendo coscienza che non potreb­bero essere diversi da come Dio li fece.

 

La manifestazione dell’umilià di Gesù Cristo dimostrata:

a. Dal prendere il posto e la parte di un servo.

Giov. 13:4-5 – « Si levò di tavola, depose le sue vesti, e preso un asciugatoio, se ne cinse. Poi mise dell’acqua nel bacino, e co­minciò a lavare i piedi ai discepoli, e ad asciugarli con l’asciu­gatoio del quale era cinto ».

« Cristo ci mostra con l’esempio la sola via della vera grandezza. E’ opinione della maggioranza che nessuno possa essere veramente grande senza questo amore disinteressato, e che, per quanto grande un uomo possa sembrare, l’egoismo diminuisca e menomi sempre la sua corona e il suo trono ».

b. Nel non ricercare la sua gloria.

Giovanni 8:50 – « Ma io non cerco la mia gloria; v’è Uno che la cerca e che giudica ».

Il Suo supremo desiderio era quello di glorificare il Padre. Dal momento in cui Egli iniziò la Sua agonia il Suo unico grido fu: « Padre glorifica il tuo nome! » Questo sentimento diventò sempre più profondo e la sua invocazione, erompendo dal Suo cuore ago­nizzante ritorna a noi sempre più debole. « Ora è turbata l’anima mia; e che dirò?… Padre glorifica il tuo nome! ».

Fu la suprema passione del Suo essere glorificare il Padre. Discendendo nella valle oscura, questo fu l’unico lamento: « Padre, glorifica il tuo nome! » Egli scese ancora più nel profondo e questa stessa supplica erompente dal Suo cuore agonizzante, arriva fino a noi sempre più debole.

(Ora è turbata l’anima mia; e che dirò?… Padre, glorifica il tuo nome).

Forse anche l’amore per l’umanità e il desiderio di redimerla sarebbero venuti meno nel sostenere la Sua anima esausta ed ab­battuta, ma la Sua risoluzione era sostenuta da questo imperioso e cocente desiderio. Egli era avido, se così si può dire, di ogni ba­gliore di gloria che Egli poteva guadagnare, anche con la soffe­renza, e fosse pure con una sofferenza che portasse alla morte: per riuscire ad aumentare anche minimamente, con la sua opera, la gloria di Dio » (Meyer).

Egli era così pieno di desiderio della gloria del Padre che nes­sun posto fu lasciato per un temperamento disposto agli onori o all’esaltazione di Se stesso.

c. Nell’evitare notorietà e lode.

Isaia 42:2 – « Egli non griderà, non alzerà la voce, non la farà udire per le strade ».

Molti seguaci di Gesù Cristo ambiscono alla notorietà. Egli la evitò. Egli rigorosamente vietò a quelli che Egli aveva beneficati, di farlo conoscere ad altri. Egli non teneva un ufficio di pubblicità.

d. Nell’unirsi ai disprezzati e a coloro che la società scherniva.

Luca 15:1-2 – «Or tutti i pubblicani e i peccatori s’accostavano a lui per udirlo. E così i Farisei come gli scribi mormoravano, dicendo: Costui accoglie i peccatori e mangia con loro ».

« Una delle ragioni per cui Gesù scelse un pubblicano fra i do­dici discepoli fu probabilmente quella di dare una lezione pratica di speranza ai più disprezzati peccatori, a quelli che sono legati dalle più forti catene del peccato. Nessuno era troppo lontano per non essere ricercato e salvato dal Suo Vangelo, nessuno troppo af­fondato nel peccato per non essere sollevato dal suo abisso fino all’apogeo della Sua gloria » (Peloubet).

e. Dalla paziente sottomissione e dal silenzio, nonostante le ingiurie oltraggiose e l’ingiustizia.

1 Pietro 2:23 – « Che, oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; che, soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva nelle mani di Colui che giudica giustamente ».

Vedere Ebrei 12:3; Isaia 50:5-6; Matteo 26:60-63; Luca 23:8-10; Isaia 53:7

Sebbene fosse conscio che tutte le risorse di Dio e del cielo erano a sua disposizione e sapesse che queste avrebbero potuto vincere ogni avversario e soggiogare ogni nemico Gesù si sottomise al più vergognoso e crudele trattamento, poiché esso era l’adempimento del piano di Colui, la cui volontà Egli era venuto a compiere.

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