Etiopia: chiesa attaccata e incontri vietati

I credenti di una chiesa del nord dell’Etiopia sono stati attaccati da una folla e hanno anche ricevuto da parte della polizia una lettera attraverso cui viene vietato loro di incontrarsi liberamente.

Domenica 11 giugno una folla ha attaccato la chiesa del Pieno Evangelo a Tikil Dingaye, a circa 20 km dall’antica città di Gondar nello stato di Amhara, Etiopia. La folla è entrata in chiesa alle ore 08:30 e ha distrutto la sala per gli incontri e i locali attigui. I credenti sono stati derubati dei loro soldi e alcuni sono stati aggrediti fisicamente. Un cristiano è stato ferito al volto e ha perso alcuni denti. La folla ha anche distrutto l’alloggio di un evangelista che viveva nelle vicinanze della chiesa.

Si sospetta che gli aggressori siano stati incitati da membri del Mahibere Kidusan, un gruppo molto organizzato che opera all’interno della Chiesa Ortodossa Etiopica per proteggere le tradizioni e l’influenza di questa denominazione nella società etiope.

Nella inaspettata successione degli eventi, la polizia, dopo l’attacco, ha preso in custodia l’evangelista per verificare presunte “attività illegali atte ad incitare scontri religiosi“. Sembrerebbe che l’arresto sia avvenuto dopo che una persona della folla ha consegnato alla polizia alcuni documenti che mostrerebbero l’impegno della chiesa in attività evangelistiche, dicendo di averli presi all’interno del compound.

L’evangelista è stato rilasciato alla fine di giugno senza alcuna accusa.

I responsabili della chiesa hanno riferito la questione all’ufficio amministrativo di zona a Gondar, chiedendo protezione in caso di altri attacchi. Per tutta risposta hanno ricevuto una lettera che impedisce loro di tenere servizi religiosi in quella zona, perché considerata residenziale. I leader della chiesa avevano fatto in passato la richiesta di un terreno su cui costruire un locale di culto, ma non riuscendo ad ottenerlo hanno acquistato un’abitazione a nome di uno dei membri della chiesa per svolgere i loro servizi. Questa pratica non è inusuale in Etiopia perché, sebbene il governo garantisca sulla carta la libertà di religione, le chiese nelle zone rurali non possono disporre di un posto dove riunirsi.

La lettera ha messo la chiesa in gran difficoltà perché, in sostanza, i credenti non hanno più un luogo dove incontrarsi.

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