…per quale ragione…C. H. Spurgeon

“Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che facevano cordoglio e lamento per lui. Ma Gesù, voltatosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete per me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli. Perché, ecco, i giorni vengono nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno partorito e le mammelle che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadeteci addosso”; e ai colli: “Copriteci”. Perché se fanno questo al legno verde, che cosa sarà fatto al secco?»” (Luca 23:27-31)

Potete immaginare la scena?

Gesù viene consegnato da Pilato ai Giudei affinché possano fare di Lui ciò che vogliono, e poi viene condotto da un pugno di soldati lungo la strada pubblica, mentre porta la Sua croce sulle spalle.

Forse Lo ritengono troppo debole dopo aver passato la notte insonne, sfinito dalle sofferenze procurateGli dalle frustate, e hanno paura che possa morire lungo la strada. Quindi, con una misericordia crudele ricorrono a qualcuno nella folla che sicuramente ha espresso a voce alta la sua compassione, e lo costringono ad assistere Gesù nel portare lo strumento della Sua esecuzione.

Vedete gli scribi sdegnosi e la folla sboccata; ma il centro dello spettacolo, e la ragione di tutto, è il nostro Signore stesso, Gesù di Nazareth, il Re dei Giudei.

E’ impossibile descriverLo; tutti quelli che ci hanno provato non hanno avuto successo, perché c’era sul Suo volto un misto di maestosità e mansuetudine, bellezza e umiltà, santità e dolore, che è impossibile descrivere su di una tela o rappresentare a parole. Sulla Sua persona c’erano numerosi segni della crudeltà umana.

Era stato frustato; tutti potevano vederlo.

Le Sue vesti che Gli erano state gettate addosso non potevano nascondere i segni delle frustate romane.

Le ferite provocate dalla corona di spine erano sulla Sua fronte, e il rozzo trattamento dei soldati, anche quello era evidente così che il Suo volto fu sfigurato come quello di nessun altro, e il Suo aspetto più di ogni altro figlio degli uomini.

Ed ora è condotto via alla morte vergognosa della croce.

C’erano tra la folla alcuni sguardi sorridenti e soddisfatti che la loro vittima fosse finalmente in loro potere, e che quella lingua eloquente che aveva dichiarato la loro ipocrisia sarebbe stata azzittita con la morte.

C’erano anche i romani insensibili, per i quali la vita umana era cosa da nulla, e tutta intorno era radunata fitta la folla brutale, corrotta per gridare contro il loro miglior Amico.

Ma non tutti i presenti stavano lì con un atteggiamento furente.

Ve n’erano alcuni — e ad onore del sesso femminile è riportato che fossero donne — che manifestarono la loro protesta con le loro grida ed i lamenti. Nel loro dolore non silenzioso, piangevano e si lamentavano a voce alta, come se stessero partecipando al funerale di qualche caro amico o si aspettassero la morte di uno dei loro familiari.

La voce del pianto di una donna ha un grande potere sulla maggior parte di noi, eppure non smosse i cuori di pietra dei legionari romani. Il pianto di quelle donne non significò per i soldati più del fischiare del vento tra gli alberi della foresta. Eppure deve aver toccato molti uomini dal cuore meno duro e incurante e aver riempito le loro anime di una qualche misura dello stesso sentimento. Soprattutto quel pianto toccò Qualcuno dal cuore più tenero fra loro tutti, le cui orecchie furono sensibili ad ogni espressione di dolore. Sebbene Gesù non avesse risposto ad Erode e avesse dato a Pilato solo poche parole di replica, e in mezzo a tutte le derisioni e gli schemi fosse rimasto muto come una pecora davanti a chi la tosa, eppure qui si fermò, e guardando quel gruppetto che faceva cordoglio, compassionevolmente e sublimemente ruppe il silenzio dicendo loro: “Non piangete per Me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli”.

Questa fu la scena.

Le sole parole sono degne di attenzione in modo particolare perché costituiscono l’ultimo discorso ben articolato del Salvatore prima della Sua morte. Tutto ciò che disse in seguito fu frammentario e furono espressioni di preghiera.

Una frase detta a Giovanni e a Sua madre, una al ladrone morente; solo una parola o due mentre guardava giù dalla croce, ma per la maggior parte proferì frasi spezzate che si librarono alte sulle ali del forte desiderio.

Questo fu il Suo ultimo discorso, un piccolo sermone d’addio, e fu rilasciato, mentre era attorniato dalla folla, in modo mesto e solenne, trattenendo le proprie lacrime e allo stesso tempo suscitandole negli altri.

Consideriamo queste parole di gran peso e piene di solennità a motivo dell’occasione in cui furono dette, ma anche al di fuori del contesto le verità espresse in esse sono di straordinaria importanza.

Questo ultimo discorso del nostro Signore prima della Sua morte fu terribilmente profetico per un mondo che Lo rigettava, premonitore di mille dolori per un popolo che Egli amava, dolori che nemmeno Lui avrebbe potuto risparmiare loro dal momento che essi avevano rigettato la Sua riconciliazione e rifiutato la misericordia che era venuto a portare.

“Figlie di Gerusalemme”, disse Gesù, “non piangete per Me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli”.

Non molte ore prima Lui stesso era stato d’esempio nel piangere sulla città: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto!” (Matteo 23:37).

Considerando queste parole anche solo superficialmente, percepiamo che sono senza dubbio parole uscite dalla Sua bocca.

Chi se non Lui parlerebbe così?

Possiamo essere certi che il passo è genuino, perché è in tutti gli aspetti inimitabilmente dì Cristo.

Osservate come Egli è altruista, non chiede per Sé nemmeno le lacrime di compassione.

Non c’era forse motivo perché gli altri si addolorassero per Lui?

Certamente sì. Eppure Egli dice: “Non piangete per Me, ma piangete per voi stesse”, come se tutti i suoi pensieri fossero concentrati su altri dolori anziché sui propri e non volesse che una sola lacrima andasse sprecata per Lui bensì per quelle sofferenze che gravano su di Lui più delle proprie.

Osservate anche la maestà del Suo discorso pronunciato mentre si trova in miseria.

Possiamo capire che il Suo dolore ben meritava le lacrime della gente, ma Egli non se ne lascia sopraffare. Certamente la Sua anima regale regnerà in futuro, e qui come Re Egli pregusta il Suo scettro e il Suo tribunale, predicendo la morte di coloro che ora Lo insultano.

Non c’è alcuno spirito codardo, né confessione di sconfitta, né appello per la pietà, né ombra del più piccolo risentimento, ma al contrario una maestosa consapevolezza di forza. Con la Sua calma, con l’occhio profetico, Egli guarda oltre gli anni che intercorrono e vede Gerusalemme assediata e conquistata. Egli parla come se udisse le grida spaventose che segnalano l’entrata dei Romani nella città i quali fanno strage di giovani e vecchi, donne e bambini. Ammirate come il Suo occhio acuto vede lontano: Egli descrive il giorno in cui siederà sul trono del giudizio e radunerà tutti gli uomini al Suo tribunale, quando Colui che era l’Uomo stanco davanti ai Suoi nemici, spaventerà i non credenti con il solo aspetto del Suo volto, così che essi vorrebbero invocare i monti perché cadano loro addosso e i colli perché li nascondano dalla Sua faccia. Egli parla consapevole della maestà di cui sarà rivestito in quel giorno tremendo e nello stesso tempo mostra pietà verso quelli che a causa dei loro peccati stanno andando verso un destino così terribile. Egli dice, in effetti: “Piangete per coloro che sarebbe stato meglio per loro che non fossero mai nati e per i quali l’annientamento sarebbe una morte più desiderabile”. Egli asciuga le lacrime di quelle donne che scorrono per Lui, affinché esse ne risparmino le scorte e lascino che i fiumi del loro dolore scorrano per i peccatori impenitenti, i quali saranno pieni di indicibile sgomento alla Sua seconda venuta.

C. H. Spurgeon

Tratto dal libro: LA POTENZA DELLA CROCE DI CRISTO

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