Disprezzare se stessi

  Questa è un’altra infermità dell’anima che ci limita, ci fa perdere l’abilità di giungere ad essere quello che Dio sempre ha desiderato che fossimo. Ci impedisce di giungere a svolgere la nostra personalità, nella nostra vita in tutta la sua estensione.
      Che cos’è il disprezzo di se stessi? Sentimento di auto commiserazione e svalutazione di se stessi. Sentirsi indegni o troppo inferiori rispetto agli altri o all’opera da compiere.
      Quando l’apprezzamento di se stessi è basso o negativo, giungiamo a credere che non c’è nessun potenziale in noi e che mai otterremo qualcosa di importante nella nostra vita.
Ci vediamo insignificanti, tanto inutili che smettiamo di fare qualcosa. Ci convinciamo che la nostra vita non ha un senso e che non importa in realtà la nostra opinione o la nostra partecipazione.
      Questo disprezzo di sé stessi, ci obbliga a restare fermi e, di conseguenza, perdiamo grandi opportunità.
Voglio usare quattro esempi della Bibbia che ci aiuteranno ad intendere quanto seria è questa infermità e il gran bisogno che abbiamo di affrontarla e trovare la ricetta che ci porterà la salute alla nostra anima.
      In primo luogo, voglio che vediamo a:

Noè

Se potesse darci Noè qualche consiglio, credo che quello che ci direbbe è che: “Una persona può fare una grande differenza“. È l’esempio più chiaro della Bibbia. Una persona sola, può fare una gran differenza.
      Nel libro della Genesi, al capitolo 6, vediamo che la malvagità dell’uomo era giunta a tali livelli che Dio si prepara per intervenire e castigare l’umanità. L’intenzione del cuore dell’uomo era di fare il male e questo produsse la reazione di Dio.
      Quanto siamo poco originali noi. A volte, leggendo il periodico, mi immagino che Dio sta al punto di castigare l’umanità un’altra volta: ce lo meritiamo.

Noè e l'arca
Se non assassiniamo i nostri figli prima che nascano con l’aborto, abusiamo di loro dopo con la nostra indifferenza. Li lasciamo in mano di pedofili che abusano e si divertono con la loro innocenza.
Disobbediamo ai comandamenti di Dio e ci crediamo tanto intelligenti che non ci rendiamo conto che stiamo distruggendo la nostra casa.
Pensiamo di essere tanto moderni che non abbiamo bisogno della moralità divina e che essere omosessuale o immorale fa notizia perché la consideriamo come qualcosa da essere applaudita e per questo, nella prima pagina dei periodici abbiamo adultèri, notizia di matrimoni tra gay e pensiamo che è straordinario e fantastico. Siamo una nazione libera! Che mettiamo pure le foto sulle riviste e perfino la comunità europea pensa che sia una buona cosa.
Non ci rendiamo conto che Dio non si diverte con questo e che tra non molto

castigherà la nostra malvagità. Gen. 6:7-8 “E il Signore disse: «Io sterminerò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato: dall’uomo al bestiame, ai rettili, agli uccelli dei cieli; perché mi pento di averli fatti». Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore”.

      Noè ci direbbe: una persona può fare la differenza.

  1. Noè ci direbbe che possiamo fare la differenza nella nostra famiglia. Lui fece la differenza per la sua famigliaGen. 7:1 “Il Signore disse a Noè: «Entra nell’arca tu con tutta la tua famiglia, perché ho visto che sei giusto davanti a me, in questa generazione»“.
  2. Noè ci direbbe che possiamo fare la differenza per la creazione. Non solo la famiglia di Noè fu salvata, ma anche la creazione fu salvata. Proprio perché Noè fu fedele e giusto, anche gli animali furono salvati.
  3. Noè ci direbbe: non solo uno può fare la differenza per la generazione che ci tocca vivere, ma anche per quelle future. Ogni volta che vediamo un arcobaleno ricordiamoci è perché Noè fu fedele, oggi Dio non ci castiga con il diluvio come lo fece allora. Il patto di Dio con Noè riguarda anche noi, migliaia di anni dopo.
  4. Noè ci direbbe: possiamo fare la differenza per Dio. Dio stava disposto ad iniziare da zero, distruggere l’umanitàà sradicarla completamente, però Noè fu capace di far si che Dio cambiò idea. Quando stava pronto a distruggere l’umanità, Dio vide a Noè e lo riconobbe come uomo giusto nella sua generazione.
  5. Noé ci direbbe: non importa l’età, possiamo fare la differenza ugualmente. Noè già aveva compiuto 600 anni. Questo ci dice che a qualsiasi età possiamo fare la differenza nella nostra famiglia. Per le generazioni che verranno dopo di me, per il mondo nel quale vivo e per Dio.

      La Bibbia ci dice che una persona può fare la differenza. Tu puoi fare la differenza nella tua famiglia, nel tuo lavoro, alla scuola, in questa nazione.

  • Per un voto, la Francia si trasformò in repubblica e smise di essere una monarchia.
  • Oliver Cromwell, uno degli statisti più conosciuti d’Inghilterra, fu eletto primo ministro per un voto di differenza.
  • Dopo la rivoluzione Nord americana, per un voto si decise che la lingua ufficiale degli Stati Uniti doveva essere l’inglese e non il tedesco.
  • Il Texas fu eletto come uno stato degli Stati Uniti per un voto di differenza.
  • Per un voto, Adolf Hitler prese la presidenza del partito nazista in Germania.

      Una persona può cambiare la storia. Ringrazio Dio per una persona che mi ha parlato di Gesù e che ha fatto sì che io cambiassi la mia vita totalmente.
Un uomo come Charles Greenaway mi segnò la vita per entrare al ministerio a pieno tempo.
Centinaia di persone che in un momento critico, apparvero nella mia vita e fecero la differenza.
      Una persona può cambiare il futuro di un altro. Tu sei importante, non crearti pensieri di inferiorità. Alza il livello della tua stima. Forse ti sei già reso conto, che la tua vita ha influenzato per il bene ad altri.

      Noè ci direbbe anche:

    1. Non aver paura di essere differente dagli altri. Noè stette solo contro tutti gli altri della sua generazione. Non aver paura di dichiarare le tue convinzioni, anche se significa restar solo.

Arcobaleno

  1. Non aver paura di far qualcosa per la prima volta. Noè costruì la prima nave della storia dell’uomo. La costruì in mezzo ad una città, lontano dal mare. Mai prima aveva piovuto. Era il barzellettiere della città, colui che destava il sorriso beffardo dei suoi concittadini. Però non ebbe paura di fare qualcosa di nuovo.
    Quando è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa di nuovo, per la prima volta?
  2. Ogni volta che vedi l’arcobaleno, ricorda che una persona può fare la differenza. Questo è quello che ci direbbe Noè.

GIUSEPPE

      Credo che la prima cosa che ci direbbe Giuseppe è: “Non ti arrendere. Segui il tuo sogno fino a quando si trasforma in realtà”.
      I sogni sono concepiti molto prima che si trasformino in realtà. Il tempo che intercorre tra il concepimento del sogno e la realizzazione dello stesso, si chiama “processo”. È un periodo di tempo pieno di dubbi, avversità, sorprese, cambi, giorni buoni e giorni meno buoni.
      Spesse volte ci troviamo ad affrontare lo stesso dilemma: vado avanti o mi arrendo?
      Però Giuseppe ci dice non ti arrendere:

Il sogno di Giuseppe 1.
Non aveva iniziato bene Giuseppe. Giuseppe era un giovane di 17 anni, era il figlio prediletto del padre, il figlio che sempre se ne usciva con la sua. Ma con questa attitudine gettava sale sopra la ferita ricordando ai suoi fratelli che lui era il centro dell’universo in questa famiglia. Un giorno Dio gli dette un sogno nella quale intese che doveva essere il lider della famiglia, non solo dei fratelli, ma anche dei genitori. Non lo pensò due volte e andò con entusiasmo a condividere questo sogno. Quando il sogno è condiviso agli altri, crea tensioni, rivalità, gelosie. Suo padre stesso lo riprese e i suoi fratelli volevano vendicarsi, e lo fecero.
Voglio condividervi un’illustrazione che credo ha la sua applicazione in questo punto dell’insegnamento:

C’era una volta un uccellino che era emigrato al nord, in Canada, per passare lì l’estate insieme con tutti i suoi amici. Fu un’estate sublime, la passò super bene. Gli piacevano gli alberi e gli alimenti che incontrò. Quando giunse il momento di emigrare verso il sud per scappare dal freddo dell’inverno, questo uccellino decise di rimanere lì. Si salutò con tutti i suoi amici dicendogli sempre la stessa frase: “ci vedremo la prossima estate. Vi aspetto quà”.Tutti cercarono di dissuaderlo, ma fu inutile. Non ascoltò nessuno di loro. E uno dopo l’altro, i suoi amici se ne andarono volando verso il sud. Finalmente restò solo. I primi giorni furono straordinari. C’era sufficiente alimento e il clima era benigno. Si convinse che tutto stava andando bene. Ma pochi giorni dopo, il clima cambiò e giunse il freddo. Iniziò a dubitare della sua decisione. Un giorno comparve la neve. Decise che era prudente fare i bagagli e andare verso il sud. Iniziòò il suo volo, però subito la neve e il gelo paralizzarono le sue ali e dovette fare un atterraggio di emergenza, sopra un campo coperto di neve. Pensando che stava sul punto di morire di freddo, si raccomandò a Dio. In quel mentre una vacca passò di lì e, anche se questo non lo credete, fece i suoi bisogni proprio sul posto dove stava l’uccellino e lo copri totalmente col suo escremento caldo. Il calore rianimò l’uccellino e felice che non doveva morire di freddo, inizia a fischiettare. In quel mentre passò un gatto, lo udì fischiettare e in un colpo solo se lo ingoiò piume e tutto. Morale: se stai al caldo e contento, stai muto. Non si sa mai chi ti sta ascoltando. E Giuseppe non seppe restare muto. Però anche se aveva iniziato male, non si arrese. Non rifiutò il suo sogno.

2.
No ti arrendere anche quando la tua famiglia ti sta contro. Se hai un sogno, un’ambizione, qualche tuo vicino non sarà molto contento. Però non ti arrendere. Giuseppe ebbe problemi con la sua famiglia. Vediamo come si opposero i suoi genitori e fratelli quando condivise il suo sogno. Suo padre gli disse in Gen. 37:10, “Egli lo raccontò a suo padre e ai suoi fratelli; suo padre lo sgridò e gli disse: «Che significa questo sogno che hai fatto? Dovremo dunque io, tua madre e i tuoi fratelli venire a inchinarci fino a terra davanti a te?»” e dopo nei versi e i suoi fratelli vv. 18-20 “Essi lo videro da lontano e, prima che egli fosse vicino a loro, complottarono per ucciderlo. Dissero l’uno all’altro: «Ecco, il sognatore arriva! Forza, uccidiamolo e gettiamolo in una di queste cisterne; diremo poi che una bestia feroce l’ha divorato e vedremo che ne sarà dei suoi sogni»“.
3.
Giuseppe ci dice. Non ti arrendere, anche se il cammino verso la realizzazione del tuo sogno sta pieno di sorprese. È un cammino che ha i suoi momenti nuvolosi, ma anche soleggiati, a volte di montagne ma anche di valli. Momenti in cui vogliamo arrenderci, come anche momenti in cui vogliamo andare avanti.

Il cammino di Giuseppe era pieno di sorprese:

  • Fu venduto come schiavo dai suoi fratelli. Questa era una grande sorpresa. Non pensò che questo sarebbe successo.
    Che faccio? Mi arrendo?Tentazione di Giuseppe
  • Incontrò favore nella casa di Potifar. Questo è buono. Se uno deve essere schiavo e trovare favore davanti al padrone è sempre buono.
    Posso andare avanti.
  • Fu accusato ingiustamente di illecito sessuale dalla moglie del suo padrone. La vita non è giusta, mi arrendo.
  • Fu mandato in carcere.
    Non solo la vita è ingiusta ma anche dolorosa. Mi arrendo.
  • Fu posto ad una posizione di autorità nel carcere.
    Questo è buono, credo che posso proseguire il cammino.
  • Dopo gli disse al coppiere del faraone che si ricordi di lui. Il coppiere si dimenticò.
    Questo non è buono, credo che mi devo arrendere.
  • Passarono altri due anni nel carcere.
    Credo che devo arrendermi.
  • Il coppiere si ricordò di Giuseppe.
    Questo è buono, posso proseguire.
  • E finalmente Giuseppe interpreta il sogno del faraone e può proseguire fino a quando si adempie il suo sogno.

      In questo tragitto che dovette percorrere Giuseppe, c’erano più occasioni negative che positive.
Più occasione per arrendersi che per andare avanti. Così è la vita.
Perché Giuseppe non si arrese? Perché la Bibbia dice che ogni volta che il sogno stava in pericolo, Dio stava con Lui. Quando la vita non aveva alcun senso per Giuseppe, per Dio invece c’era un senso.

4.
Giuseppe ci dice: non ti arrendere, anche se ci vuole del tempo affinché il tuo sogno si converta in realtà. Per Giuseppe furono 23 anni da quando condivise il suo sogno con la famiglia fino al momento in cui ci fu la riconciliazione con i suoi fratelli.
Non ti arrendere. Non ti arrendere. Non ti arrendere.
  • Dio sta sempre con te. Sembra un’ironia.
  • Da figlio a schiavo.
  • Da schiavo a carcerato.
  • Da carcerato a primo ministro.
  • In ogni momento Dio stava con Giuseppe.

     È importante notare che la frase “Il Signore era con Giuseppe” si ripete nei momenti più difficili della vita di quest’uomo. Gen. 39:2, 21 “Il Signore era con Giuseppe: a lui riusciva bene ogni cosa e stava in casa del suo padrone egiziano… E il Signore fu con Giuseppe, gli mostrò il suo favore e gli fece trovar grazia agli occhi del governatore della prigione”.
      Certo nei momenti facili la presenza di Dio è evidente? Ma ci è utile ricordare, che anche nei momenti difficili Dio sta con noi.
      Anzi nei momenti difficili Dio è più attivo per noi dei momenti facili.
Anche se è duro affermarlo, noi scopriamo che i momenti difficili in realtà sono i migliori momenti.
      Quando Dio sta con noi? Sempre.
Quando abbiamo bisogno di sentire la presenza di Dio con noi? Sempre, però come Giuseppe, abbiamo bisogno di vederlo quando le circostanze nascondono la Sua presenza davanti a noi.

5.
Approfitta di questi momenti difficili per apprendere, per far maturare le virtù dello Spirito Santo nella tua vita.
La tua attitudine è cruciale. Giuseppe non si arrabbiò per quello che stava accadendo nella sua vita.
Tutti dobbiamo affrontare momenti difficili, l’importante però è che questi momenti non ci rubino l’opportunità di crescere. Non arrabbiamoci, non lamentiamoci. Abbiamo un sogno da inseguire e questo sogno può portarci in un cammino di tradimenti e di persecuzioni e di malintesi, però se ci teniamo fermi nella nostra attitudine, alla fine il nostro sogno sarà una bella realtà.
6.
C’è una gran differenza tra il promuovere se stessi e lasciare che Dio ci promuova.
Quando Giuseppe tentò di farlo davanti ai suoi fratelli e genitori fallì miserabilmente. Solo quando apprese ad essere un servo sottomesso nella casa di Potifar poté esser promosso ad un incarico di autorità.
Dopo nel carcere servì ai carcerati e fu promosso ad un incarico di autorità.
Quando cercò di autopromuoversi parlando al coppiere del faraone, fallì un’altra volta e dovette aspettare altri due anni prima che potesse avere udienza con il faraone.
Giuseppe apprese la sua lezione: Dio è Colui che promuove.
Quando il faraone chiese a Giuseppe l’interpretazione del sogno, Giuseppe rispose Gen. 41:16 “Non sono io, ma sarà Dio che darà al faraone una risposta favorevole”.
7.
Quando il sogno si trasforma in realtà, è tanto dolce che uno non può descriverlo.
Tutto quello che dovette soffrire Giuseppe per un sogno, si trasformò in dolcezza. Si riconciliò con i suoi fratelli. Ricevette la benedizione di suo padre. Salvò tutta la nazione da una morte sicura.
Vale la pena soffrire per vedere un sogno diventare realtà? Giuseppe dice mille volte “si”. L’adempimento del tuo sogno deve coinvolgere per il bene di tutti coloro che ti stanno vicino. Sei qualcuno di importante.

NEEMIA

      Voglio che lo vediamo, perché ci insegna che i grandi problemi hanno una soluzione.
Non importa lo spessore del tuo problema, si può risolvere.
      Il problema era che la città di Gerusalemme si trovava senza mura di protezione e Neemia intendeva che il suo popolo stava totalmente alle intemperie e che qualsiasi nemico, per quanto debole potesse essere, lo poteva conquistare e distruggere. È una situazione molto delicata.
      Neemia si deprime. La Bibbia dice quando seppe la triste notizia da parte dei suoi fratelli in Neemia 1:4 “mi misi seduto, piansi, e per molti giorni fui in grande tristezza. Digiunai e pregai davanti al Dio del cielo”.
      Questa tristezza è notata dal re. C’era già una certa amicizia tra loro. Erano stati insieme tutti i giorni per vari anni e il re era sensibile al cambiamento di umore del suo coppiere.
Neemia 2:1-2 dice così: “Io non ero mai stato triste in sua presenza. Il re mi disse: «Perché hai l’aspetto triste? Eppure non sei malato; non può essere altro che per una preoccupazione»“.
Neemia fu colto da un grande timore “cosa posso rispondergli? Il re potrebbe pensare che sia un problema causato da lui. Loro avevano distrutto le mura di Gerusalemme. Gli dico la verità? Mi invento un’altra storia? Decide di dirgli la verità. Gli dice al v. 3 “Come potrei non essere triste quando la città dove sono le tombe dei miei padri è distrutta e le sue porte sono consumate dal fuoco?”

Ricostruzione mura di Gerusalemme
      Il re si preoccupa della situazione del suo coppiere e vuole aiutarlo vv. 4-5 “Che cosa domandi?” Allora io pregai il Dio del cielo; poi risposi al re: “Se ti sembra giusto e il tuo servo ha incontrato il tuo favore, mandami in Giudea, nella città dove sono le tombe dei miei padri, perché io la ricostruisca”.
Il re è d’accordo nel lasciarlo andare a Gerusalemme ad edificare le mura, firma le lettere, gli concede una scorta del suo esercito, gli da del denaro per comprare il materiale.
Allora Neemia va a Gerusalemme e personalmente si interessa del problema e condivide la visione della ricostruzione delle mura. Incoraggiò la popolazione a partecipare alla costruzione del muro.
Una persona può farlo, il potere di uno, può cambiare una situazione avversa.

Vediamo cosa fece Neemia.
Io credo che quello che Neemia ci insegna è che non dobbiamo temere di chiedere aiuto.
Nel momento opportuno, qualcuno ci aiuterà. Se hai un problema, non aver paura nel chiedere aiuto.
Mettiamo a fuoco un nostro desiderio. Non lasciare che altre cose o persone ti distraggano da quello che senti in cuore di fare. I nemici di Neemia cercarono di diluire la sua messa a fuoco. Cercarono di distrarlo con altre attività e altri problemi. Però se dobbiamo risolvere il problema, manteniamoci con la messa a fuoco.
      E ora vediamo ad una donna. Una donna che è protagonista di una storia intensa e interessante:

ESTER

      Ester ci insegna che c’è un posto perfetto, dove Dio ci necessita. Tu stai dove Dio vuole che stai. C’è un proposito, una ragione.
Dio ci ha collocati dove Lui ci necessita. In Ester 4:14 leggiamo “…e chi sa se non sei diventata regina appunto per un tempo come questo?”

      Vediamo un poco la vita di Ester.

  • Fu posta nella casa dei suoi zii. Fu posta lì perché era orfana. I suoi genitori erano morti e gli zii la presero e se ne presero cura per la crescita. Per iniziare, fu posta in una casa che non gli spettava. Non ebbe un’infanzia normale.
  • Fu posta in una cultura totalmente differente a quella della sua nascita.
  • Fu posta in un’altra nazione. Stava nella città di Susa, capitale del regno persiano.
  • Fu posta nel palazzo del re. Stava fuori del suo circolo sociale. Lei veniva da una nazione che era stata conquistata. Era di un livello sociale molto inferiore di coloro che stavano nel palazzo del re.
  • Una casa che non gli apparteneva.
  • Una cultura che era totalmente differente
  • Una nazione straniera.
  • In un circolo culturale alla quale non gli apparteneva.
  • Però in ogni momento lei stava al centro della volontà di Dio.

Bene, comunque sia, giunse ad essere regina, però presto scopre che i suoi privilegi non sono per il suo piacere personale.
      A volte ci dimentichiamo di questo. Giungiamo alla vetta, abbiamo un buon posto di lavoro, abbiamo tutto quello che è necessario per la famiglia e ci dimentichiamo che stiamo lì posti da Dio con un proposito che và al di là del nostro piacere personale.
      Tutti intendiamo che non stiamo qui per noi stessi. Dio ci ha comprato con un prezzo alto. Dio ci ha posto in un luogo importante, però che allo stesso tempo richiede molto coraggio.

      Lei deve entrare nella presenza el re, però la legge del regno indicava che solo quando il re la chiamava alla sua presenza, lei poteva entrare e se lo faceva, poteva essere messa a morte. Si giocava letteralmente la vita. Era passato già un mese e il re non l’aveva chiamata. Ella allora dovette prendere l’iniziativa. Se la nazione doveva essere salvata, lei doveva prendere l’iniziativa e avvicinarsi al re.
Ester sapeva che Dio l’aveva posta lì con un proposito definito e per questo doveva star sicura che era così.
      Tutta la trama si trova in questi tre versi del cap. 4:13-15 “Non metterti in mente che tu sola scamperai fra tutti i Giudei perché sei nella casa del re. Infatti se oggi tu taci, soccorso e liberazione sorgeranno per i Giudei da qualche altra parte; ma tu e la casa di tuo padre perirete; e chi sa se non sei diventata regina appunto per un tempo come questo?”
      Quando Ester intende che questo è il piano di Dio, che è il posto perfetto al centro della volontà di Dio e che sta lì perché Dio lo volle, allora ella manda il seguente messaggio a suo zio Mardocheo v. 16 “Va’, raduna tutti i Giudei che si trovano a Susa, e digiunate per me, state senza mangiare e senza bere per tre giorni, notte e giorno. Anch’io con le mie ancelle digiunerò allo stesso modo; e dopo entrerò dal re, sebbene ciò sia contro la legge; e se io debbo perire, che io perisca!”
      Quando uno comprende il proposito della nostra esistenza, è quando ci riempiamo di valore e coraggio
      Allora lei pianificò come doveva entrare davanti al re. Ester ci dice che c’è un posto perfetto, dove Dio ci necessita.
      Per un tempo non intendiamo i piani di Dio, i propositi per la nostra vita. Questo gli successe a Ester.
Quando uno si rende conto del proposito di Dio in lui, allora questi riceve il potere dall’alto che gli permette di compierlo.
      Rischiare è facile quando sappiamo che Dio sta controllando totalmente le nostre vite.

  • Noè ci insegna che una persona può fare la differenza.
  • Giuseppe ci insegna che vale la pena lottare per il nostro sogno e non arrendiamoci.
  • Neemia ci insegna che ogni problema ha una soluzione.
  • Ester ci insegna che c’è un posto perfetto, dove Dio ci necessita.

Non disprezzarti e non mollare!


Da una poesia di Charles Greneway(Missionario in Africa 1920-1993)

SE IO MOLLASSI

Se io mollassi che cosa guadagnerei?
Finirebbe la battaglia? Sarei veramente felice?
No! La porta non si chiuderebbe né la battaglia cesserebbe
Perché Dio avrebbe un altro in piedi sulla Roccia.
Se io mollassi.

Se io mollassi che farei?
Cercherei rifugio dal calore? Dimenticherei il grido dei perduti?
Sarei felice per un po’ e poi toccherei il fondo
E spenderei il mio tempo a pregare per qualcosa da fare
Dicendo: “Signore perché ho mollato”.

Se io mollassi che direi al Signore che mi ha chiamato?
Che direi ai fratelli che mi hanno mandato?
Che direi ai pagani che hanno fiduciosamente aspettato
Che mostrassi loro la via?
Che direi alla spinta quotidiana dello Spirito Santo?
No Signore! Io non posso mollare.

Se dovessi uscire di scena fa che sia quando morirò
Non mentre vivo, non quando sarò perseguitato,
non quando sarò umiliato
ma ti prego o Signore, fa che il giorno che mollerò
sia per me quando morirò

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